Il 26 Giugno 1967 moriva don Lorenzo Milani, all’età di 44 anni, per una grave malattia. Egli era stato parroco dal 1954 del piccolo paese di Barbiana, che si trova nel cuore del Mugello. Barbiana, quando vi giunse, non era proprio un paese ma un territorio montano abitato da circa 40 persone con una chiesa, la canonica e una ventina di case sparse tra boschi e terreni coltivati senza l’acqua, la luce, la scuola e una strada per arrivarci.
L’evidente stato di isolamento, in cui egli fu posto dall’alta gerarchia ecclesiastica per il suo modo di intendere e praticare il ministero sacerdotale, non lo misero in difficoltà. Don Milani intraprese la sua opera pastorale sapendo coniugare laicamente la sua missione religiosa, ispirata al vangelo, con un elevato senso civico, che si basava sui più alti valori costituzionali.
Nelle sue battaglie di avanguardia, come la difesa della obiezione di coscienza contro il servizio di leva, non confuse mai il suo status di cittadino con il suo compito di uomo di chiesa. Nella lettera di risposta ai cappellani militari, che contestavano il suo rifiuto del servizio militare, scrisse: “Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo. È troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé non accettò nemmeno la legittima difesa. Mi riferirò piuttosto alla Costituzione”.
Da subito si prese cura di quei poveri contadini che, pur disponendo formalmente di tutti i diritti, vide che non erano in grado di esercitarli, poiché essi mancavano di ciò che poteva consentire loro di praticarli in modo reale e critico: l’istruzione. La mancanza anche della più elementare istruzione li costringeva in una condizione di emarginazione sociale e li escludeva dalla possibilità di partecipare allo sviluppo economico, perché mancavano di quelle parole che erano indispensabili per poter ascoltare, comprendere, parlare e, quindi, riuscire a rapportarsi autonomamente con le persone. Inoltre, sul piano politico, erano inevitabilmente manipolabili.
Don Milani si pose allora accanto a loro, senza diventare la loro guida, e con i pochi bambini e adolescenti del paese, affamati di scuola, intraprese un lungo, assiduo e non sempre agevole percorso di formazione per emanciparli dal loro stato di totale ignoranza. Assieme giunsero a scrivere il libro Lettera a una professoressa, che divenne materia di discussione in molti eventi del Sessantotto italiano e sarà punto di riferimento per la riforma della scuola media inferiore (1979) e della primaria (1985).
*docente di storia e filosofia