Il suo sinistro disegnava traiettorie speciali, spesso proibite per tutti. Lui non giocava a calcio, lui disegnava calcio. Per questo, a Verona, con un’immagine semplice e straordinaria al tempo stesso, lo chiamarono Penèl. Aveva 82 anni.
Umile, discreto, mai sopra le righe, Giorgio Maioli se n’è andato in silenzio, ma proprio per questo la sua “uscita dal campo” fa adesso ancora più rumore. “Cosa vuto che te diga”“ aveva detto nell’ultima telefonata. “Son vecio, questo lè ‘n altro calcio, el nostro l’era più vero…”.
Giorgio Maioli è stato un pezzo di storia del Verona anni ‘60 e ‘70. Un talento uscito dalle giovanili, assieme a Cera, un po’ prima di Giancarlo Savoia. Giocava con l’11, all’ala sinistra, ma presto, fisico e talento lo portarono a centrocampo, dove la sua classe faceva la differenza. Prima nel Verona, un passaggio a Napoli, poi la lunga, bellissima avventura di Foggia. Leader, capitano, bandiera rossonera, dove oggi gli hanno scritto parole meravigliose. Nel Foggia, serie A, firmò l’1-0, storico alla Juve e il 3-0 (tre assist suoi) all’Inter. Se lo ricordano ancora. Poi tornò all’Hellas, casa sua, per gli ultimi bagliori della sua splendida carriera. “Fosse nato vent’anni dopo – diceva chi lo conosceva bene – sarebbe andato dritto in Nazionale”. Per finire, una parentesi al Lecco e l’addio con la maglia del Chievo, allenato da Nicola Ciccolo.
Aveva l’Hellas nel cuore, la semplicità come compagna di strada. Mai sentito criticare, mai alzato la voce, mai una volta fuori dal coro. Del Verona è stato anche allenatore delle giovanili, poi osservatore, poi ancora mister degli Ex gialloblù.
Sempre in silenzio, senza mai uscire dagli schemi, lui che gli schemi li faceva saltare con un assist, una punizione, un’invenzione del suo inimitabile Penèl. Lo cercheremo a lungo, ci mancherà per sempre.