“Tocca a Di Francesco”, ha detto il presidente Setti. Tre parole che sembrano scontate e che possono nascondere, in realtà, una piccola (o grande?) sfida. Tocca a Eusebio Di Francesco, adesso, rilanciare una squadra uscita malconcia (quanto a punti) dalle prime due giornate.
Buone, sotto il profilo del gioco, ma non confortate da risultati. E se Sassuolo e Inter non sono proprio avversrai facilissimi, è chiaro che qualcosa in più, si poteva aspettare, anche in considerazione del fatto che l’Hellas ha giocato in casa.
In questo senso, Bologna (lunedì sera, 20.45) deve dare una prima, sia pure sommaria risposta. “A che punto siamo?” è la domanda della gente.
Tocca a Di Francesco, appunto, dare una risposta. A Bologna (probabilmente) avrà sia Caprari che Simeone, cioè gli ultimi due arrivi in casa gialloblù. Gente di peso, che ha alle spalle fior di campionati e un curriculum di tutto rispetto, quindi in grado di raccogliere l’eredità di Zaccagni e Kalinic (o Lasagna). E’ chiaro che a questo punto, Simeone diventa titolare e gli altri due scivolano nelle gferarchie dell’attacco, che continuerà ad essere a una sola punta.
Ma al di là dell’aspetto tattico, c’è una cosa che Di Francesco chiede, forse prima a se stesso che agli altri. DiFra ha fretta di sapere se il tunnel nel quale, senza saperlo, è finito negli ultimi anni, è adesso finito. Un tunnel fatto di incertezze, che gli sono costate due esoneri sfortunati e che pesano, probabilmente, anche a livello di autostima. Che sia in gamba, nessun dubbio, lo ha dimostrato ampiamente a Sassuolo. Che sia in grado di raccogliere la pesante eredità di Juric, anche questo è sicuro.
Ma, come sempre, il calcio chiede risultati, punti, certezze. Li vuole la gente, li aspetta la società. Li pretende lo stesso DiFra, che sa benissimo di non essere a rischio, ma sa altrettanto bene quali sono le regole del gioco. Un’altra sconfitta sarebbe un tristissimo en plein. Non siamo agli ultimatum, ma a Bologna serve la risposta più bella. Coraggio.