Che per la scuola sarebbe stato un anno difficile, senza precedenti, insegnanti, alunni e genitori lo sapevano. Erano stati preparati attraverso il tam tam del nuovo oracolo: la chat delle mamme. Ingressi scaglionati, mascherine, distanziamento, febbre da misurare a casa, niente abbracci neanche il primo giorno dopo sette mesi di isolamento scolastico.
Il coronavirus ha cambiato la vita di tutti ma quella di chi ha a che fare con il mondo della scuola di più. Della scuola, anzi della scuola in presenza, non si può fare a meno. Ne va della crescita, anche e soprattutto sociale, di bambini e ragazzi. Su questo sono tutti d’accordo. Ma la paura cresce di giorno in giorno con l’aggiornamento dei bollettini quotidiani sui contagi da Covid-19. Sicilia e Calabria non fanno eccezione, l’Isola in particolare. I casi di scuole chiuse, insegnanti e allievi positivi e in isolamento, tamponi a tappeto si moltiplicano quotidianamente.
Fra le varie precauzioni si fa avanti. Il punto di riferimento è il nuovo Dpcm di pochi giorni fa: sono vietate le gite, le attività fuori sede e i gemellaggi. La mascherina resta obbligatoria se non si può rispettare la distanza di un metro e comunque all’ingresso e all’uscita. Si può invece abbassare in condizioni di staticità, ossia se seduti al banco, fermo restando il distanziamento. Ma le scuole restano aperte. Lo hanno ribadito in queste ore i presidi delle scuole italiane: “La scuola si fa in presenza, si può fare la didattica a distanza solo se ci dovesse essere un lockdown generale – ha detto il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli -. Altrimenti è fonte di iniquità e mette in difficoltà studenti e famiglie”.
Ma la questione è anche politica. Ieri il governatore del Veneto, Luca Zaia ha lanciato l’idea della didattica a distanza per le superiori.
Oggi su Facebook risponde il ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova: “La didattica a distanza non ha solo provocato carenze in termini di competenze e nozioni nel campo dell’italiano o della matematica, ma ha indebolito la scuola intesa come luogo di comunità, relazione sociale, strumento fondamentale per garantire pari opportunità e sostegno alle fragilità di tutti e soprattutto di chi ha bisogni educativi speciali. Andando a colpire soprattutto i più piccoli e rafforzando le disparità, col rischio di creare un gap generazionale profondissimo”.
Un concetto già espresso nei giorni scorsi dal ministro Azzolina: “La scuola si fa in presenza, punto a capo”.