“Il meglio del vivere sta in un lavoro che piace e in un amore felice” si congeda così Matteo
Fontana, citando Umberto Saba, in un pomeriggio davvero impegnatissimo per lui: “Scusami, ho
una chiamata sotto, ti richiamo fra un attimo…”. Giornalista, scrittore e autore teatrale, tra i più
esperti e precisi conoscitori della storia dell’Hellas Verona. Dopo la laurea nel 2002 a Trento in giurisprudenza, decide che quella non sarebbe mai stata la sua carriera “non ho pensato neanche un nanosecondo a fare l’avvocato”. Da sempre appassionato di calcio e scrittura, impara il mestiere dal decano dei giornalisti veronesi Adalberto Scemma, e riesce a trasformare una fede nel suo lavoro.
Parte prima dal Corriere di Verona, per poi abbinare dal 2013 il sogno di scrivere per La Gazzetta
dello Sport: “Il primo articolo per la Gazza, riguardava un Verona-Crotone 3-2, con una doppietta di
Cacia”.
Fontana, si aspettava l’addio di Juric?
C’erano tanti indizi che portavano a questa soluzione, mi sarei stupito fosse rimasto e mi sono
stupito allo stesso tempo che se ne sia andato. La società ha fatto di tutto per accontentarlo, ma l’ambizione è naturale e credo che lui avesse bisogno di nuovi stimoli.
Come vede l’arrivo di Di Francesco?
Se 3 anni fa, con l’Hellas retrocesso e con Di Francesco arrivato alla semifinale di Champions
League con la Roma, mi avessero detto che sarebbe venuto Verona, credo li avrei presi per pazzi: evidentemente qualcosa nel tempo è cambiato.
E’ fiducioso quindi?
Di Francesco deve vederla come una sfida per rilanciarsi, sfruttando magari la semina del lavoro precedente.
Ha scritto diversi libri, che parlano del Verona e non solo, da dove nasce questa esigenza?
Dall’esigenza di raccontare, di capire, di approfondire, per uscire dalla quotidianità e allargare il
proprio campo di conoscenza. Sembra banale, ma è una necessità personale sempre sorprendente ed emozionante.
Di quali va più fiero?
Il cuore direbbe “Giorni di tuono”, che parla della promozione con mister Aglietti. Poi mi fa piacere
che con “Cavalli selvaggi”, a distanza di tre anni dall’uscita, mi chiamino ancora a degli incontri in giro per l’Italia a parlarne.
E gli Europei?
Direi Francia o Belgio, con l’Italia che può essere una bella sorpresa.
Fabio Ridolfi