Il documento di premessa al Piano di assetto territoriale ha provocato forti mal di pancia nella maggioranza che sostiene il sindaco Tommasi. Perché prevede alcuni progetti, come il Traforo della Torricelle (corto, lungo, a due o a quattro corsie e così via) che molti partiti della maggioranza non gradiscono. E poi non c’è solo questo scoglio: ricordiamo che uno dei punti più critici sul quale si era sfiorata una clamorosa crisi di Giunta e di maggioranza era stato il futuro della Marangona. La vicesindaca ha previsto uno sviluppo logistico e non solo mentre l’assessore Bertucco in rappresentanza di Sinistra italiana ma anche dell’alleanza Avs che comprende i Verdi, ha sempre chiesto una salvaguardia ambientale dell’area. Area che nel Piano d’area del Quadrante Europa elaborato dalla Regione ha una destinazione proprio di espansione del Quadrante. E alla fine si è trovata una soluzione meno impattante nei 5 ambiti di sviluppo della Marangona. Si tratta comunque di progetti portati avanti da tempo e che la maggioranza Tommasi ha ereditato e prosegue anche se con qualche modifica. A questo punto è lecito chiedersi: ma quali sono le differenze? Riflessione elaborata dall’ex assessore all’Urbanistica Giorgio Massignan, coordinatore dell’osservatorio Verona Polis Differenze tra la pianificazione del Centrodestra e quella del Centrosinistra? “Nei vari punti espressi nel programma elettorale della coalizione Tommasi-ricorda Massignan- era evidente l’intenzione di una modifica nel metodo e nei contenuti rispetto alle amministrazioni precedenti e questo aveva spinto parecchi veronesi a sperare in un reale cambiamento”. “In effetti -riconosce l’ex assessore-, in alcuni settori la trasformazione c’è stata ma, nel contesto che personalmente considero il più importante per l’attività di un’amministrazione, quello della pianificazione territoriale, che definisce l’idea di città e i meccanismi che la determinano, sembra che stiano ripercorrendo i sistemi e le scelte del passato”. Centrosinistra come centrodestra? “Innanzitutto il metodo. Nella stesura del P.A.T. (Piano di Assetto del Territorio) e del P.I. (Piano degli Interventi), nonostante gli incontri d’ascolto, dove l’amministrazione esponeva le proprie scelte e riceveva le osservazioni dei cittadini, nella realtà le destinazioni d’uso erano definite a monte e, nonostante le critiche, approvate quasi come venivano presentate al pubblico dall’attuale maggioranza e, nel caso della Marangona, dall’intero Consiglio comunale ad eccezione di un voto contrario. La cosiddetta urbanistica partecipata, dove le destinazioni d’uso e l’assetto territoriale dovevano essere decisi attraverso il contributo attivo degli esponenti della cosiddetta società civile, è rimasta nel libro dei sogni” afferma il coordinatore di Verona Polis che riprende la convinzione che il Comune potesse confrontarsi con la Regione per rivedere le destinazioni contenute nel Paqe. “Si sperava che il primo atto dell’assessorato all’urbanistica fosse quello di intervenire con la Regione per modificare le scelte del PAQE, un piano regionale che vincola le pianificazioni comunali, definito in un periodo in cui le condizioni economiche e sociali erano molto diverse dalle attuali. Invece, con una ingiustificata fretta, si è approvata la cementificazione di una grande zona agricola a Verona sud, la Marangona, che il PAQE definisce zona per l’innovazione, quindi edificabile, dimenticando l’impegno di non consumare altro suolo verde. La giustificazione è stata la necessità di sviluppare il ruolo di Verona e del Quadrante Europa quale centro intermodale e per la logistica”.
La spada di Damocle del piano Folin. La zona del Centro Storico sta perdendo le sue caratteristiche storiche, sociali ed economiche
“E’ indubbio che per la nostra economia è essenziale che l’interporto veronese rimanga il più importante d’Italia e il secondo in Europa dopo quello di Brema. Ma, con la trasformazione della ZAI e le conseguenti tante aree industriali dismesse, la loro rigenerazione per rispondere alle esigenze logistiche, avrebbe potuto evitare l’impermeabilizzazione di circa un milione e mezzo di mq agricoli. Molte delle tante aree produttive in ZAI sono destinate alla logistica su richiesta di imprenditori privati e il loro utilizzo non è pianificato in funzione dei piani di sviluppo legati al Quadrante Europa”. Anche perché, è la conseguente osservazione, di questo passo il recupero urbanistico della Zai che attualmente è peggio della tela di Arlecchino tra residenziale, capannoni abbandonati, insediamenti futuristici, grandi hotel di firma e vecchie officine meccaniche, maxi insediamenti commerciali e centri congressi, resta un miraggio. “Dopo queste scelte, -sottolinea Massignan – risulta doveroso porsi alcune domande: perché la pianificazione pubblica non ha previsto un collegamento di quelle aree private, una volta ristrutturate, con le attività del Quadrante Europa, ovviamente garantendo ai proprietari i loro legittimi guadagni? Perché si sta forzando in questo modo la cementificazione della Marangona?”. Ma torniamo in città. “È di poco tempo fa la notizia della realizzazione di una palestra pubblica a Veronetta per studenti e residenti universitari a Passalacqua, che dovrebbe sorgere nell’area verde adiacente al grande parco pubblico della Provianda di Santa Marta. Indubbiamente un’ottima idea, sia per il quartiere che per l’università. Ma perché costruire un nuovo grande edificio e non recuperare un immobile dismesso in quell’area, evitando un ennesimo consumo di suolo? Dopo gli edifici residenziali e commerciali innalzati in deroga durante l’amministrazione Tosi, è proprio necessario cementificare altro spazio verde? Con questi interventi si stanno trasformando le caratteristiche storiche e culturali di quella zona a ridosso della cinta muraria, oltre a mutare l’assetto paesaggistico”. Ci sono delle analogie? Secondo Massignan, per anni presidente di Italia nostra, sì. “Come nel caso della Marangona, anche per la zona di Passalacqua si stanno portando avanti, con risibili cambiamenti, i vecchi progetti del centrodestra. Gli stessi metodi e contenuti riguardano il Centro Storico, dove il Piano Folin rimane, come la spada di Damocle, sulla testa delle sorti di quella zona che sta perdendo le sue caratteristiche storiche, sociali ed economiche. In conclusione, è lecito chiedersi come sia possibile che mentre sta per essere portato in Consiglio il PAT e il PI, si stiano valutando altri progetti che modificheranno l’assetto del territorio, tra cui quello dell’“Onda surf” alla Bertacchina con le conseguenti ricadute sulla Spianà. È evidente che dovrebbe esistere una chiara differenza tra l’idea di città del centrodestra rispetto a quella del centrosinistra. Entrambe le coalizioni politiche hanno i loro obiettivi e i loro metodi per raggiungerli ma, se alla fine dei conti risultano simili, c’è qualche cosa che non funziona ed è forse questo uno dei motivi per cui l’astensionismo, con quasi il 40%, risulta il primo partito in Italia e a Verona”. MB