Allora, tiriamo un po’ le somme, cercando di fare chiarezza, ammesso che sia possibile. La pista di decollo del Catullo è piuttosto affollata. Ma per ora, non si capisce bene quali siano le reali intenzioni. Sembra una partita a scacchi, mosse e contromosse, qualche finta. Di sicuro, non è una finta l’aumento di capitale, previsto entro aprile. E lì, non si potrà “barare”. Al “vedo”, giù le carte.
E’ di questi giorni la schermaglia dialettica tra Cariverona e Save, la società che gestisce il Catullo, oltre agli aeroporti di Brescia, Treviso e Venezia. “Se Save vende – ha detto Mazzucco, presidente della Fondazione Cariverona – noi siamo disposti a comprare. Crediamo molto nel futuro del Catullo, le ipotesi per il dopo-Covid sono del tutto positive”.
“Vendere ? -ha risposto Marchi, leadee di Save – noi siamo disposti a comprare…”, ha risposto.
LE QUOTE. Save detiene il 41,7% delle quote. Gli Enti pubblici, raggruppati in Aerogest, arrivano al 47%, Fondazione Cariverona è al 2,8%. Finora, soltanto il sindaco Sboarina, dunque il Comune, ha scoperto le carte dicendo chiaramente di voler partecipare all’aumento di capitale, sollecitando anche gli altri soci a prendere posizione in tal senso. Nel frattempo, c’è molto “gioco d’attesa”, per non scoprirsi e, magari, scoprire le carte degli altri. Col rischio di non sfruttare eventuali opportunità, come ha fatto, ad esempio, Treviso. Dove sono arrivati 54 milioni per l’ampliamento. Il tutto, mentre il Catullo soffre e dàla sensazione di aver perso posizioni importanti in una ipotetica classifica. Di Treviso s’è detto. Ma Venezia, Montichiari, Orio al Serio non sono certamente fermi e il timore, più che fondato è che, passata la pandemia, ci si ritrovi con uno scalo “zoppo”, con voli dimezzati e un’importanza strategica decisamente al ribasso.
LAVORATORI PREOCCUPATI. Nel quadro, da considerare la forte preoccupazione dei lavoratori che nei giorni scorsi sono stati a colloquio con l’assessore Bianchini. “Ho dato assicurazione ai rappresentanti dei lavoratori – spiega Bianchini –, sul fatto che il Comune sta facendo tutto il possibile per la salvaguardia e il rilancio dell’aeroporto. Per la nostra città rappresenta uno degli asset principali e fondamentali del territorio veronese, quindi il nostro impegno è massimo. Fra le richieste dei sindacati vi è quella di continuare a mantenere la quota dei soci pubblici al 51%, per non cedere il controllo aziendale ai soci privati. Anche su questo fronte stiamo lavorando e subito dopo Pasqua faremo un incontro politico con i rappresentanti di Comune, Provincia, Regione e parlamentari. Tutto questo sempre all’interno dei rapporti di collaborazione che intercorrono fra i soci pubblici che compongono Aerogest”.
E LA POLITICA?. La politica cittadina non sta certo a guardare. “Il botta risposta tra Cariverona, disposta a comprare quote, e Save, che invece non ha alcuna intenzione di vendere, conferma il ruolo passivo dei soci pubblici, che pure disponendo della maggioranza delle quote, si sono autoridotti al ruolo di spettatori o comprimari limitandosi, come fa la Lega, ad abbaiare qualche volta ma senza mordere mai”, osserva Bertucco, Verona e Sinistra in Comune.
E Bozza, Forza Italia: “Condivido l’opinione di Bauli, presidente di Confindustria, che promuove l’operato di Save e auspica che possa essere confermata la partnership tra soci pubblici e privati. Ricordo che Save ha salvato l’aeroporto, a un passo dal fallimento e lo ha risanato”.
Di diverso avviso, l’altro consigliere regionale Valdegamberi, Gruppo Misto: “La soluzione di vendere a Save è stata una decisione assurda della politica locale. Oggi non c’è alcun piano di sviluppo, per Verona, che anzi continua a perdere nei confronti degli altri scali”. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Intanto, il tempo stringe, tra un po’ siamo al “vedo”.