Maradona in lacrime e Matthaeus che prova a consolarlo. Campioni di un altro calcio, immagini che ci arrivano da un Mondiale che poteva essere nostro e invece lasciammo agli altri.
Qualche giorno prima di quell’8 luglio ‘90, l’Argentina di Maradona ci aveva mandato in castigo, con la maledizione dei rigori, in uno stadio San Paolo, diviso a metà.
Argentina in finale, noi a Bari a giocarci con l’Inghilterra (toh, corsi e ricorsi) la platonica medaglia di bronzo.
Intanto all’Olimpico, un’Argentina per niente fenomenale, lasciava il mondo alla Germania, in una delle finali più brutte che si ricordi.
Poca Germania, ma almeno tosta, concreta, essenziale, come sempre. Pochissima Argentina, dove Maradona e qualche sprazzo di Caniggia non bastò a rimontare il rigore di Brehme.
E così, finì col trionfo dei panzer, guidati da Matthaeus. E finì con le lacrime di Maradona, che fecero il giro del mondo. Il campione che aveva vinto da solo il mondiale 4 anni prima, cedeva il trono ai suoi rivali, bravi a prendersi la rivincita.
Immagini che tornano in mente oggi, immagini che appartengono alla storia, come i campioni di quelle squadre. Maradona, Matthaeus, simboli di un calcio diverso, che ci sembra oggi lontanissimo. Fuoriclasse che sarebbero top anche oggi, loro, simboli di un calcio dal volto umano.
Maradona&Matthaeus, le stelle di Argentina e Germania, si stringono la mano, al 90’ della finale. Dieguito piange, il tedesco lo consola, forse gli ricorda che quattro anni prima non era andata così e le lacrime erano state tedesche.
O forse Maradona piange anche perchè capisce che quel mondiale poteva essere l’ultimo di una straordinaria avventura, tecnica e umana. Il ‘94 sarà la sua fine.