Commissioni antimafia, inascoltati gli appelli 2015 e 2019. Città di confine e prima realtà economica del Veneto: qui le cosche sono radicate
La tavola è imbandita: sul Veneto e Verona arriverà una pioggia di milioni, sia per i progetti del Pnrr che per i cantieri delle Olimpiadi 2026. Si moltiplicano gli allarmi per il pericolo di infiltrazioni delle cosche che in realtà sono già presenti e radicate grazie anche a chi ha aperto loro le porte. Stupirsi che la Prefettura continui a emettere interdittive contro aziende in odore di mafia o ‘ndrangheta ha poco senso. Questo sforzo andrebbe sostenuto con azioni concrete, dando risposta alle richieste arrivate da più parti di creare una Procura distrettuale e investigativa antimafia a Verona, come a Venezia. E qui la politica deve prendere l’iniziativa e dare risposte concrete. Senza mettere la testa sotto la sabbia o girandosi dall’altra parte.
“La necessità di una Direzione distrettuale antimafia a Verona è sempre più attuale e necessaria”.
L’allarme lanciato nel marzo 2015 dalla commissione antimafia in missione a Verona e presieduta da Rosy Bindi, ritorna oggi più forte che mai alla luce delle nuove concrete evidenze: “Infiltrazioni criminali, città fragile”, venne detto allora.
Allarme poi ribadito da una nuova visita della commissione antimafia nel luglio 2019, presieduta dal parlamentare Nicola Morra che in prefettura, presente il prefetto Donato Cafagna e i vertici delle forze di polizia, mise in guardia i veronesi: “Qua non si deve parlare di infiltrazioni, ma di radicamento consolidato”.
Se era un pericolo già allora, figurarsi ora con la prospettiva che le ‘ndrine si infiltrino nelle maglie del Pnrr e negli appalti per le Olmpiadi del 2026.
E oggi infatti questo allarme lo ribadisce con forte preoccupazione l’ex componente della commisisone antimafia Alessandro Naccarato, padovano, che ha un panorama privilegiato su questi fenomeni: fa parte dell’Osservatorio della Regione Veneto contro la criminalità.
“Proprio in qella occasione venne descritto per la prima volta in Veneto la trasformazione del fenomeno criminale delle mafie: non si deve più parlare di infiltrazioni, ma di vero e proprio radicamento ormai da parte di alcune famiglie. Così come il fenomeno era presente in Piemonte, Emilia Romagna e Lombardia, così ora c’è anche nella nostra Regione. E il Procuratore distrettuale Bruno Cherchi di Venezia lo conferma sempre”.
Per questo, aggiunge Naccarato, “è necessario che la Dda e la Dia vengano previste anche a Verona, città di confine, snodo geografico con Lombardia, Emilia e Trentino, la realtà economica più dinamica di tutto il Veneto”.
Il modello è quello della Lombardia: “Lì abbiamo due distretti antimafia: uno a Milano e uno a Brescia, due punti di riferimento importantissimi. Così anche in Veneto la proposta è di creare oltre a Venezia, una procura distrettuale antimafia a Verona che comprenda anche Vicenza”.
La presenza di realtà criminali radicate nel territorio sono continuamente confermate. Il prefetto Cafagna ha emesso pochi giorni fa altre due interdittive nei confronti di aziende della provincia veronese, “ma non dimentichiamo quello che sta avvenenendo con i Casalesi a Eraclea: per carenza del personale giudiziario si arriva alla scadenza dei termini di custodia cautelare e tornano libere persone che hanno a che fare con la criminalità organizzata. La camorra nel Veneto orientale è sotto la lente da tempo”.
Così come le mafie autoctone: “A Verona c’è la presenza di una ‘ndrangheta storica, ma in Veneto sono riprese le mafie autoctone, come quella storica della Mafia del Brenta e ci sono nuove realtà sulle quali sono riprese le indagini da Venezia. E non dimentichiamo che i fratelli Graviano prima di essere arrestati a Milano, trascorsero la latitanza a Montegrotto Terme’’.
Evasione e false fatture, porte d’ingresso. Record di segnalazioni sospette per riciclaggio. L’appello (a vuoto) ai parlamentari
Lanciare gli allarmi è importante, nelle ultime settimane tra convegni e conferenze stampa è stato un continuo suonare di sirene, ma “a questi allarmi”, prosegue Alessandro Naccarato, “devono seguire azioni concrete. Vale a dire che servono le strutture di prevenzione e repressione per intervenire. Altrimenti, per fare un esempio, gli accessi ai cantieri del Pnrr o delle Olimpiadi chi li farà? Per questo servono strumenti come una nuova sezione della Dda e della Dia sul territorio veneto, in particolare laddove si è in terra di confine come a Verona”.
Una città, la nostra, che è in testa alle classifiche della Banca d’Italia per il numero di operazioni finanziarie sospette di riciclaggio: le statistiche aggiornate a tutto il 2022 dicono che Verona è la prima città del Veneto per segnalazioni di operazioni finanziarie sospette, segnalazioni avvenute da parte di banche e di uffici postali: ben 2.247 in costante crescita ogni anno.
“Certo e il dato aumenta del 10 per cento ogni anno. Iil Veneto è la quarta regione d’Italia”, prosegue Naccarato, “per segnalazioni di operazioni sospette perché qui al nord le organizzazioni mafiose riciclano i proventi delle attività illecite. Qui arrivano gli investimenti con finalità di riciclaggio, tant’è vero che la conferma viene da quelle società del settore eolico che erano riconducibili a Matteo Messina Denaro” e che l’allora prefetto Perla Stancari individuò emanando le prime interdittive.
Ci sono settori in particolari che vengono privilegiati dalle organizzazioni mafiose?
“Tutte le attività economiche che generano reddito sono interessanti per la criminalità organizzata. Tempo fa si pensava soprattutto alle attività legate al movimento terra, per cui appalti per gli scavi e le costruzioni, ma ormai queste organzizzazioni si interessano anche all’agricoltura, all’edilizia, alla manifattura, alla logistica, al contrabbando, senza una particolare specificità professionale. L’unico dato comune è che siano lavori di bassa qualità perché questi sono meno controllati, parliamo per esempio dei lavori di pulizie o di guardianie”.
E non va sottovalutato il ruolo, sul nostro territorio, dei cosiddetti “apriporte”, dei facilitatori che consentono alle organizzazioni della criminalità organizzata di inserirsi nel tessuto economico. “Queste organizzazioni mafiose propongono affari di natura economica, senza fare paura, senza minacciare, ma prospettando affari vantaggiosi per entrambe le parti. Quindi nasce una comunanza di interessi in un’area grigia e che approfitta per esempio dell’evasione fiscale. Proprio l’infedeltà fiscale e le false fatture, fenomeni sempre esistiti in Veneto, possono dar vita alle complicità che servono a queste organizzazioni per inserirsi nel sistema. L’attenzione delle Camere di commercio è cresciuta molto su questi fronti, ma basterà per il Pnrr e le Olimpiadi?”.
Proprio in vista di questi due appuntamenti, la Amministrazione comunale guidata dal sindaco Tommasi lo scorso anno dopo il suo insediamento aveva chiesto la presenza di Dia e Ddda a Verona per la lotta alla criminalità organizzata.
In particolare l’assessore Zivelonghi chiedeva ai parlamentari veronesi di attivarsi per l’istituzione di una sezione operativa della Direzione Investigativa Antimafia e il distacco presso la Procura della Repubblica di Verona di un magistrato della Direzione Distrettuale Anti Mafia. L’ennesimo appello a vuoto?
Maurizio Battista