I paventati dazi americani al 25% su tutti i prodotti Ue annunciati dall’Amministrazione Trump rappresenterebbero un ostacolo determinante all’export made in Verona nel quarto mercato di sbocco al mondo. Secondo le elaborazioni della Camera di Commercio di Verona, il valore delle spedizioni verso gli Stati Uniti nel 2023 ha superato quota 807 milioni di euro con un balzo del 5,3% nei primi 9 mesi del 2024 (a 618 milioni di euro). Un contributo importante, quello della domanda statunitense che quota il 5,5% del totale delle esportazioni scaligere, tuttavia non così incisivo rispetto alla media nazionale, che supera il 10%.
“In questo contesto – ha detto il presidente della Cciaa di Verona, Giuseppe Riello – vi sono però diverse categorie di prodotti che fanno numeri importanti e sono maggiormente esposte rispetto alla media. Come nel caso delle bevande, prima voce tra le spedizioni veronesi, per cui gli Usa cubano il 10,7% dell’export globale della categoria, o il settore del marmo con quasi un quarto delle vendite destinate al Paese a stelle e strisce. Inoltre, il danno per le imprese di Verona si potrebbe ripercuotere a catena in maniera indiretta, vista la contestuale contrazione degli ordini anche di altri partner economici chiave per il nostro export, come la Germania”.
Secondo le elaborazioni del Servizio studi e ricerca della Camera di Commercio di Verona su base Istat, oltre alle bevande – in crescita del 7,6% al terzo trimestre 2024 con un controvalore di 99 milioni di euro – e alle pietre tagliate, modellate e finite (marmo) che con incidenza sul totale export del 23,7% è la categoria maggiormente esposta nella top 10 delle spedizioni oltreoceano, a rischio anche altre voci importanti dell’export scaligero. Per esempio, i macchinari, da quelli per la metallurgia, la miniera, l’industria alimentare, la carta fino alle altre macchine di impego generale come quelle per la fabbricazione di forni e bruciatori, o le macchine per la formatura di metalli e di macchine utensili per la lavorazione di pietra e legno. Sopra la media anche l’incidenza dei prodotti da forno (10,4%) e soprattutto il settore dei mobili per cui gli Usa rappresentano il 23,1% del totale delle esportazioni.
Dazi Usa, pericolo per la Valpolicella. Il vino è una vittima di guerra. Gli Stati Uniti sono il primo mercato di esportazione
“L’annuncio dell’amministrazione statunitense di applicare dazi del 25% su tutte le esportazioni europee, e dal 2 aprile, su quelle agricole, – spiega Christian Marchesini, presidente del Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella – rappresenta una grave minaccia per il settore vitivinicolo italiano e non solo, anche per la Valpolicella naturalmente. Gli Stati Uniti sono infatti il nostro primo mercato di esportazione fuori dall’Unione Europea (qui finisce oltre l’11% del nostro prodotto) insieme al Canada e questa decisione rischia di compromettere una filiera che vale complessivamente circa 1,9 miliardi di euro per il vino italiano. Si tratta di un errore strategico, non solo per i produttori italiani, ma anche per il mercato americano, che vedrebbe un drastico aumento dei prezzi e una possibile riduzione dell’offerta di vini di qualità. Già nel 2019 abbiamo vissuto gli effetti di politiche simili, con impatti devastanti sul nostro comparto. Chiediamo quindi al Governo italiano e alla Commissione Europea di intervenire con urgenza attraverso la diplomazia economica per scongiurare questa decisione. Allo stesso tempo, è fondamentale rafforzare il dialogo con i nostri partner commerciali negli Stati Uniti per trovare soluzioni che tutelino un settore chiave del Made in Italy. Il vino della Valpolicella è sinonimo di eccellenza e tradizione, e non può diventare vittima di una guerra commerciale che danneggia tutti.” Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella Oltre 2400 aziende tra viticoltori, vinificatori e imbottigliatori su un territorio di produzione che si estende in 19 comuni della provincia di Verona, dalla Valpolicella fino alla città scaligera che detiene il primato del vigneto urbano più grande dello Stivale, 8621 ettari di vigneto e un giro d’affari di oltre 600 milioni di euro, di cui più della metà riferiti alle performance dell’Amarone. È l’istantanea del Consorzio per la tutela dei vini Valpolicella che, con oltre il 70% di rappresentatività, tutela e promuove la denominazione in Italia e nel mondo.
L’Unione Italiana Vini: una perdita stimata di 1 miliardo di euro
I possibili dazi americani stanno per ora determinando un anomalo quanto previsto boom nell’export di vino italiano. Secondo l’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv), l’ultimo bimestre 2024 si è chiuso infatti con un exploit di crescita del 20% e del 21%, rispettivamente a volume e valore, rispetto al pari periodo dell’anno precedente. Un anticipo di mercato, con ordini in transito mai registrati prima da parte degli importatori statunitensi, che fanno lievitare a +10% (a oltre 1,9 miliardi di euro) la crescita a valore per tutto il 2024. Nel mese di dicembre, a differenza di novembre quando il balzo fu legato alla domanda di spumanti, sono i fermi imbottigliati a crescere ben oltre la media, con un tendenziale a +21% a volume e +34% a valore. “L’analisi delle performance enologiche negli Usa non può non tenere conto di un mercato commercialmente dopato dallo spauracchio dazi – ha detto il segretario generale di Unione italiana vini, Paolo Castelletti –. Quello che è certo, ha aggiunto, è che nei prossimi mesi si presenterà il conto a prescindere dalle eventuali nuove tariffe, perché i consumi interni dimostrano una forte inversione di tendenza nei consumi statunitensi, in calo nei volumi del 7% per il secondo anno consecutivo, con l’Italia a -4,4%. Servirà – ha concluso Castelletti – agire in maniera ancor più determinata sul fronte della promozione, cercando di allargare il più possibile il raggio d’azione delle nostre esportazioni”.