Torna in libreria l’architetto veronese Daniela Cavallo con il volume “G. Racconto” distribuito da Scripta Edizioni, una storia raccontata in prima persona che vede la stessa Daniela protagonista di una conversazione a due voci con una sua cara amica: G, purtroppo alla fine dei suoi giorni a causa di un tumore, in una battaglia contro il tempo, dove la creatività diventa strumento per “andare oltre”, spingendo l’autrice ad avventurarsi in dialoghi a cuore aperto, rendendo protagonisti il mare, la vita, la famiglia, l’amicizia, la morte e tutto quanto le appartiene. L’abbiamo incontrata per farci raccontare di più di questa sua ultima fatica «In 62 pagine, da leggere tutte d’un fiato come un sorso d’acqua, si parla di tante cose. Di due donne tenaci, di un’amicizia protagonista, di territori, ovvero di come ognuno di noi sia frutto di tanti territori diversi, delle donne, specialmente quelle che hanno un mestiere “da uomini”, di come superare un momento difficile come quello della morte, attraverso la creatività.» “Il tema della separazione da morte a cui si cerca di opporre resistenza con dialoghi di vita” può essere questa la traccia con cui identificare il suo libro? «Non mi piace identificare questo racconto e dargli un’etichetta; per me è una storia vera cucita per non dimenticare una persona cara, come se fosse una promessa mantenuta, un debito pagato; parole per dare a tutti occasione di pensare a se stessi. Il lettore troverà il filo, la domanda che cerca e la risposta di cui ha bisogno.» Immaginiamo sia una storia autobiografica «È una storia vera, liberamente tratta dalla vita vissuta. Poi, fino a che punto non è giusto saperlo, scrivere vuol dire immergersi in se stessi, in tutto quello che siamo, che abbiamo vissuto, rimescolato, cucito, inventato là, dove i ricordi non sono mai affidabili. Certo c’è Daniela e c’è G, quella sua parte che ho vissuto; ci sono tutte le donne, quelle che affrontano la vita senza mai dimenticare che la nostra cifra è non avere paura dei sentimenti e manifestarli, senza però trasfigurarci o rinnegarci per essere accolte ed apprezzate.» Nei vari dialoghi, ci sono riferimenti a città che diventano “corpo umano; parti sane e malate, allenate e trascurate”; perché questo connubio? «Non potevano mancare le città e i territori che sono da sempre il mio mestiere, quello di “allenatore di territori”, là dove ogni territorio rappresenta i suoi abitanti, dunque le persone che lo indossano, lo abitano, lo vivono fanno del territorio che vive, gioisce, si intristisce e si ammala proprio come le persone.» Cos’altro possiamo raccontare di G. RACCONTO? «Nulla. Bisogna leggerlo prendendosi un’oretta tutta per sé. Mi piacerebbe lo leggessero tutti, soprattutto gli uomini, per capire come le donne pensano, agiscono ed amano, soprattutto nei momenti difficili.» Concludiamo il nostro incontro incuriosendo i lettori sul motivo per il quale dovrebbero leggere “G. RACCONTO”? «Va letto perché potremmo emozionarci incontrando noi stessi, ma anche perché acquistandolo possiamo contribuire ad aiutare un’associazione veronese, “800 Sorrisi”, che mi accompagna in questo viaggio e si occupa di bambini in difficoltà; i bambini, che sono il futuro che verrà.»
Gianfranco Iovino