Non è andato tutto bene e non ne siamo usciti migliori. Era scontato. Siamo quelli di prima, solo più arrabbiati, frustrati, invidiosi. In molti casi bigotti. La retorica farcita di buoni sentimenti tanto al chilo è svanita nel nulla. Nella “fase 1” i nemici pubblici erano i “runner” solitari, insultati e disprezzati da una fetta del popolo alla stregua di mafiosi e narcotrafficanti. Chissenefrega se i contagi calavano e se pure gli esperti, gli stessi eletti a guide morali qualche settimana prima, cominciavano a dire che una corsetta a distanza di sicurezza non poteva che fare bene al corpo e allo spirito. Ora i nuovi untori sono i ristoratori, i baristi, i gelatai, oltre ovviamente ai clienti. I primi, “concessogli” il take away, provano quantomeno a guadagnarsi i soldi delle bollette consegnando sulla porta del negozio panini, spritz e coni agli avventori. I quali, stando al “dpcm”, dovrebbero consumare i prodotti rigorosamente a casa, e peccato se nel frattempo la stracciatella cola sull’asfalto o se il cocktail diventa una brodaglia. Il panino quello sì, in effetti potremmo riscaldarlo nel microonde, ma non capiamo che danno arrechi mangiarlo passeggiando per la città. E’ vietato dalla legge, lo sottolineiamo, ma manca totalmente il buonsenso. Era scontato che la gente, dopo due mesi di reclusione forzata, si sarebbe fermata fuori dai locali per qualche minuto a bere un bicchiere e fare quattro chiacchiere. Dal 4 maggio, giorno d’inizio della libertà vigilata, succede quotidianamente tra piazza San Zeno e via Quattro Novembre, “santuari” dell’aperitivo. Ma iniziano movimenti anche dalle parti di piazza delle Erbe. Si ritrovano ragazzi, e genitori coi figli: i piccoli fanno un giretto in bicicletta, i grandi sorseggiano un bicchiere. Quando non bevono portano tutti o quasi la mascherina (fare le due cose contemporaneamente risulta complicato). Alcuni indossano i guanti, altri hanno il gel in tasca. Certo, qualche indisciplinato c’è stato, c’è e ci sarà, ma si tratta di una minoranza. E però dai balconi attigui ecco scatenarsi come prima più di prima il popolo dello “state a casa” all’infinito, il gregge di belatori, pardon delatori, che se l’economia va a catafascio e gli esercenti si impiccano non è colpa di chi ci governa ma di chi beve il ginger col bianco e naturalmente di chi glielo serve. Ci sono sentinelle appollaiate sui poggioli, alcune nascoste dietro il bianco delle tende, che attendono come falchi che il primo gruppetto di scarcerati per grazia di Conte si riunisca. A quel punto scattano le foto, i filmati e le chiamate ai carabinieri, alla guardia di finanza, alla polizia, alla Cia e ai Ghostbuster perché castighino i pericolosi trasgressori. Le forze dell’ordine fanno il loro lavoro e quando il cittadino chiama intervengono. A volte entrano nei bar a sanzionare i titolari, altre si limitano a una ramanzina. Dura lex sed lex. Ormai però è diventato un guardie e ladri dove le prime non sono tanto i tutori dell’ordine pubblico quanto i condor da poggiolo. I quali, al grido di battaglia di “chiudete tutto”, vorrebbero condannare a morte i ristoratori e i baristi. Non appena partirà la “fase 3” se la prenderanno coi negozi d’abbigliamento e i parrucchieri. Nei quali, si capisce, si fionderanno al primo buco disponibile, dopo aver tentato di prendere il cappuccino nel bar che per colpa loro avrà dovuto chiudere per sempre.
A.G.