Vi ricordate la perfida Crudelia De Mon ossessionata dai dalmata nel cartoon del 1961? Dodie Smith l’aveva inventata e messa su carta nel romanzo La Carica dei 101, Walt Disney le aveva offerto il corpo, l’anima e il carisma che l’hanno resa uno dei villain più iconici della storia del cinema. Nell’anno del suo sessantesimo compleanno Crudelia bussa alla memoria di tutti quegli spettatori che l’hanno conosciuta durante la loro infanzia e si presenta sotto una veste tutta nuova. La nuova Crudelia nasce ancora una volta da papà Disney, che forte di un immenso sforzo produttivo – il film è costato circa 200 milioni di dollari – racconta le origini di questa figura ponendo una semplice ma accattivante domanda: cosa è capitato a questa donna perché si trasformasse nella diabolica vecchiaccia che conosciamo?
La risposta sta nella bella origin story portata su schermo dal regista Craig Gillespie, che col supporto di un ampio team di sceneggiatori è riuscito a dare alla cattiva più cattiva del mondo disneyano una profondità introspettiva inaspettatamente originale. Questo tuffo nel passato prende le mosse dagli anni ’60, quando la piccola ed eccentrica Estella, dotata di una natura ribelle e talvolta crudele, resta orfana dopo la misteriosa morte della madre. Necessità di sopravvivenza vuole che lei – in compagnia dei furfanti Jasper e Horace – diventi un’abile ladra e si guadagni da vivere creando i costumi indossati dai due compari nei loro colpi. Quando la famosa Baronessa, cinica stilista di successo della Londra anni ’70, le offrirà un lavoro presso il suo atelier, Estella sarà costretta a fare i conti con la sua ambigua personalità e col suo oscuro passato.
Nessun segno dunque dei cagnolini dalla coda gelata e delle tenere effusioni tra uomo e animale, la versione 2.1 di Crudelia – la non sempre impeccabile Emma Stone – è dark, il suo mondo popolato di grotteschi personaggi, la sua nemesi emblema del cattivo all’ennesima potenza. Oltre a essere il personaggio più riuscito, nella Baronessa – interpretata da una maestosa Emma Thompson che ricorda la Miranda Priestly di Meryl Streep in Il diavolo veste Prada – è infatti racchiuso quel male insidioso capace di scatenare la metamorfosi nella giovane donna. Da mentore la malvagia stilista diventa dunque antagonista a sua volta: scontrarsi con lei significherà accettare la propria natura di Crudelia e lasciare andare quella buona e remissiva di Estella. Assistere a questo scontro tra titani offre allo spettatore una buona dose di intrattenimento puro e semplice, e se talvolta è difficile sorvolare su alcune soluzioni narrative un po’ semplicistiche, il piacere estetico offerto dalle musiche punk-rock, dai costumi chiassosi e da una serie di riuscitissime gag non potrà che lasciare soddisfatto anche il più incallito fan delle precedenti versioni di questa affascinante, immortale figura.
Maria Letizia Cilea