Cronaca nera e gli effetti collaterali E’ importante che i media trattino questi delicati argomenti con grande responsabilità

Negli ultimi anni, è cresciuto esponenzialmente l’interesse dei media (dalla tv, alla radio, ai podcast, ai giornali…) per la cronaca nera. Premesso che tale cronaca suscita da sempre un grande interesse nel pubblico, e che se ben realizzata può essere un modo per sensibilizzare e informare la popolazione su questioni certamente rilevanti, il modo con cui viene veicolata non può esimersi dall’adottare un approccio critico, un’etica giornalistica e osservando un attento rispetto per le vittime, le loro famiglie e chiunque sia sintonizzato. Sarebbe importante che i media trattassero questi delicati argomenti sempre con grande responsabilità, e particolare riguardo, sia nei confronti dei protagonisti delle storie che raccontano che rispetto al pubblico che li segue. I programmi di cronaca nera possono infatti scaturire, se non ben gestiti, diversi “effetti collaterali” di natura psicologica, sugli spettatori a seconda della frequenza e dell’intensità con cui vengono “consumati” dagli stessi. Alcuni tra gli esiti negativi più comuni riguardano l’ansia e la paura, in quanto l’esposizione costante a notizie riguardanti la criminalità può aumentare i livelli di angoscia tra gli spettatori. Questo fenomeno è noto come “fear of crime” (paura del crimine) e avviene quando le persone iniziano a percepire il mondo come un luogo più pericoloso di quanto non sia in realtà. Questo può influenzare le opinioni personali e le angosce sociali, portando alla formazione di stereotipi e stigmatizzazioni. Per alcune persone, poi, la ripetuta esposizione a notizie negative può contribuire ad attivare stati di stress, specialmente se i soggetti tendono a identificarsi con le vittime o se risultano essere particolarmente sensibili alle prepotenze e alle ingiustizie. In risposta alla paura indotta, alcune persone potrebbero inoltre iniziare ad adottare comportamenti eccessivamente protettivi e difensivi, come l’evitare di uscire di casa o prendere misure precauzionali smisurate. L’iper-visione di storie violente può provocare anche un senso di impotenza tra gli spettatori, che possono sentirsi frustrati dalla propria incapacità di poter cambiare le cose o di contribuire al formarsi di una società più sicura. D’altra parte, alcuni spettatori possono sentirsi spinti a frapporsi, a intervenire o a sostenere cause legate alla giustizia sociale, sviluppando un senso di empatia verso le vittime e cercando di promuovere cambiamenti concreti. Un altro possibile effetto è la “desensibilizzazione”, in quanto la ripetuta esposizione a contenuti cruenti può portare a una riduzione della sensibilità alla violenza, riducendo l’empatia verso le vittime. Alcuni spettatori, inoltre, possono accrescere un interessamento o una curiosità morbosa per alcuni casi di cronaca nera, spingendosi a cercare approfondimenti o contenuti simili, il che può alimentare un ciclo continuo di consumo di notizie negative. È importante considerare che gli effetti possono variare notevolmente da persona a persona e che il contesto individuale, le esperienze trascorse e la resilienza psicologica giocano un ruolo significativo nella risposta ai contenuti della vita in generale così come a quelli di cronaca nera.

Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta