Crac milionario, coinvolti 2 veronesi Si tratta dell’ex amministratore di fatto Andrea Bussinello e del nipote Fabio Massimo

Bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, evasione fiscale, auto-riciclaggio con l’aggravante dell’ipotesi associativa. Questi i reati contestati a vario titolo a 7 persone finite in precedenza nel registro degli indagati per il fallimento della Mantova Petroli srl in liquidazione, e approdata all’udienza preliminare. Sul tavolo un’evasione fiscale dell’Iva da 320 milioni di euro, con un passivo fallimentare di 655 milioni. La ditta commerciava all’ingrosso prodotti petroliferi in tutta Europa e aveva la sua sede legale a Mantova, dopo i trasferimenti da Milano e Verona. Sotto accusa per il crac: Michael Peter Harald Draebing, 66enne, allora presidente del consiglio d’amministrazione della società, nei confronti del quale era stata disposta la custodia cautelare in carcere e in seguito gli arresti domiciliari, mai messi in atto per il diniego delle autorità austriache, visto che l’imprenditore risiede in Austria. Accanto a lui la moglie Renate Reuter Draebing, l’ex amministratore di fatto e diritto Andrea Bussinello, veronese, il nipote Fabio Massimo Bussinello, i consiglieri Giovannino Chiaro, di Mirano, e Giovanni Alberto Cattaneo, milanese, e il bresciano Matteo Bignotti, di una società di revisione. Compariranno davanti alla giudice per l’udienza preliminare Arianna Busato il 9 gennaio, dopo un rinvio per un errore di notifica alla Draebing, che avrebbe dovuto essere scritto in tedesco. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Giulio Tamburini ed eseguite dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Mantova, erano scattate in seguito all’accertamento circa un omesso versamento dell’Imposta sul valore aggiunto per l’anno 2015, dell’importo di oltre 119 milioni di euro, debito per il quale la società avrebbe concordato un piano di rientro mediante rateizzazione con i competenti uffici finanziari, ma il cui versamento tuttavia sarebbe stato di fatto interrotto già dopo la seconda tranche. Gli ulteriori approfondimenti investigativi delle Fiamme Gialle virgiliane avevano così consentito di rilevare analoga presunta situazione anche per l’annualità 2016, periodo di imposta in relazione al quale l’impresa, pur dichiarando la propria posizione debitoria nei confronti del fisco, avrebbe omesso di versare oltre 73 milioni di euro. Successivamente, l’accertamento aveva quindi riguardato anche l’annualità 2014 per la quale era stato rilevato e contestato l’omesso versamento di Iva per altri 21 milioni. Sucessivamente nel corso delle indagini la procura aveva chiesto e ottenuto la dichiarazione di fallimento della società.