Così Pretto “tiene” il Legnago in serie C “Stiamo bene, abbiamo due risultati su tre: l’allenatore ci ha dato una marcia in più”

“Non ho quasi mai giocato a calcio per un problemino al cuore, ma questo mi ha permesso comunque di coltivare una passione forte per questo sport, non potendo gustarmela come atleta”.
Parte così una lunga chiacchierata con Mario Pretto, attuale direttore generale della squadra del presidente Venturato. Anche se la sua esperienza nel mondo del calcio, inizia a 19 anni come allenatore del Veronella: col tempo molla la panchina per un lavoro “serio”, fino a quando l’amico Alberto Castagnaro gli propone di tornare. Prima responsabile marketing di un Cologna Veneta in procinto di andare in serie D, e dal 2001 dg negli anni migliori della recente storia del Mantova, con cui sfiora la serie A contro il Torino, in uno spareggio che lui stesso definisce “con tanto da recriminare”. Decide che quel calcio non gli appartiene più e riparte dall’Eccellenza: da 13 anni a Legnago, ora in prima linea anche lui per giocarsi in 180 minuti la salvezza ai playout. Domani l’andata al “Benelli” di Ravenna, e il 22 maggio il ritorno in casa al “Sandrini”. Con 2 risultati su 3
a disposizione, visti gli 8 punti di vantaggio in classifica.
Pretto, perdoni la domanda, in cosa consiste il lavoro di un direttore generale?
Fondamentalmente porta avanti le politiche gestionali della società, gestisce i rapporti contrattuali dei giocatori, gestisce il budget, il marketing, i fornitori. E tiene i contatti con i vari uffici della Lega: a livello professionistico ci vuole un team di collaboratori e un segretario generale molto preparato, come il nostro Alessandro Bedin.
Tornando al campo, abbiamo visto un Legnago all’inizio sorprendente e poi cos’è successo?
Oltre al Covid, si sono sommati infortuni importanti, abbiamo pagato dal punto di vista fisico, basta vedere i punti che abbiamo perso negli ultimi 15 minuti. Anche mister Bagatti, a cui saremo sempre
riconoscenti, era finito in un tunnel di sconfitte mentalmente difficile da superare. Quando va così, perdi fiducia e diventa necessario cambiare l’allenatore.
E l’arrivo di Colella si è rivelata la scelta vincente…
Colella ha portato determinazione, punti fermi, e ha ridato fiducia a tutto il gruppo, ci voleva una persona fresca di testa, con più energie. Nel momento della sua scelta cercavamo un allenatore d’esperienza, l’intento era provare a fare a tutti i costi i playout e siamo andati vicinissimi anche alla salvezza diretta, ma il calcio è così. Ha paura del Ravenna?
Potendo scegliere, avrei detto proprio il Ravenna, con l’Arezzo sarei stato più preoccupato. Portiamo rispetto, ma sono sicuramente alla nostra portata. Loro hanno un tecnico molto esperto, ben voluto qui a Verona, ma per fortuna non gioca…

Dall’altra parte c’è mister Leo Colucci

Dall’altra parte della barricata siederà una vecchia conoscenza gialloblù. Quel Leonardo Colucci,
che Roberto Puliero annunciava come il “capitano” di mille battaglie. Leo Colucci è stato figura emblematica dell’Hellas, vivendone campionati “mati” come i
veronesi: su e giù tra serie B e A, la storica salvezza di Reggio e la cocente retrocessione di
Piacenza, con quell’addio doloroso. Dal ’96 al 2002, 147 presenze e 10 gol con la maglia del Verona, per il ragazzo di Cerignola. Dopo l’addio al calcio del 2011, inizia la carriera di allenatore, fino all’attuale subentro sulla panchina del Ravenna: 21 punti in 27 partite sotto la sua guida. E quel gol al 92′ di Sereni, all’ultima giornata contro il Carpi, che ha permesso a una società contestata per l’intero campionato.

Fabio Ridolfi