“Così possiamo tenere a bada il virus” Alberghi Covid in ogni provincia e assistenza domiciliare per tenere i pazienti a casa

«Raggiungimento attuale o imminente delle soglie critiche di occupazione dei servizi ospedalieri in tutte le Regioni». A mettere in evidenza che gli ospedali sono sotto pressione, anche in questa fase due di gestione dell’emergenza sanitaria Coronavirus, è stato l’ultimo monitoraggio settimanale della Cabina di regia relativo alla settimana. Nelle ultime 24 ore i ricoverati con sintomi in reparti ordinari per Covid sono aumentati di 429 unità e sono ora 29.873. Tanti, troppi. Di qui la necessità di mettere in campo soluzioni che consentano di allentare la morsa sul sistema. E di intervenire quanto prima. La strategia dell’esecutivo contempla un doppio approccio.
Da una parte la messa a disposizione di Covid hotel dove ospitare le persone senza sintomi gravi, che hanno difficoltà a restare in quarantena. Il governo da dato incarico al commissario straordinario Domenico Arcuri di predisporre un Covid hotel in ogni provincia del territorio nazionale, pari a 110 strutture dove fare confluire i contagiati.
Dall’altra, ecco la seconda opzione, che prevede la possibilità di migliorare l’assistenza ai malati, tenuti a casa:
l’idea è accelerare sulle cure domiciliari, così da alleggerire i pronto soccorso degli ospedali. Le due soluzioni non costituiscono una novità: già nella prima fase di gestione dell’emergenza sanitaria si era scelto di andare in questa direzione, ma entrambi gli approccio non sono stati sviluppati come avrebbero dovuto. Ora ci si torna a muovere su quei due binari.
Il numero dei pazienti meno gravi cresce al ritmo di mille nuovi ingressi ogni giorno. Una tendenza che mette in grande difficoltà gli ospedali che ogni giorno sottraggono i posti letto ai reparti dedicati agli altri pazienti, quelli non Coronavirus, che rischiano così di dover rinunciare alle cure come è accaduto a marzo, quando il ministero della Salute ha deciso lo stop a tutte le prestazioni non urgenti e ai ricoveri programmati. Le Regioni stanno di nuovo attrezzando caserme e Covid hotel, anche qui come hanno fatto durante la prima ondata quando si è giunti ad avere 18mila letti in più (poi poco utilizzati anche perché scelti da pochi malati). Come già nella prima fase, anche in occasione di questa seconda ondata le regioni si sono mosse in ritardo.
Quanto invece al secondo approccio, la situazione degli ospedali è al limite, anche perchè le cure a casa dei pazienti Covid non gravi non sono mai davvero “decollate” e le Unità di continuità assistenziale (Usca), pilastro dell’assistenza domiciliare previste dal decreto Cura Italia, sono in realtà ancora presenti a macchia di leopardo sul territorio. Insomma, le difficoltà non mancano e i pazienti a domicilio si trovano ora a dover fare i conti anche con un’altra emergenza: dal territorio sono state segnalate carenze nella disponibilità di bombole di ossigeno nelle farmacie per le cure domiciliari di pazienti Covid.
Sarebbe in dirittura d’arrivo il protocollo per le cure a casa dei pazienti Covid, annunciato dal presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli. La bozza del documento, stando a quanto si è appreso, sarebbe già pronta. Vi sarebbero però delle perplessità da parte dei medici di famiglia, sulla base delle indiscrezioni circolate, in relazione al tema della sicurezza degli operatori sanitari che prendono in carico gli assistiti contagiati.