Il seppur poderoso Decreto “Cura Italia”, con l’emissione di titoli di Stato per un importo fino a 25 miliardi di euro per il 2020 per far fronte all’emergenza Coronavirus, non sarà sufficiente a sostenere le Pmi. Per gli imprenditori di Apindustria Confimi Verona, nel testo mancano le risposte attese e necessarie a tenere a galla la piccola e media industria.
«Per le Pmi non ci sono misure favorevoli, se escludiamo il supporto e il sostegno all’occupazione intesa come ammortizzatori sociali e cassa integrazione per i dipendenti che siamo costretti a lasciare a casa», scende nel dettaglio il presidente di Apindustria Renato Della Bella.
Dall’altra parte, la prospettiva che si apre è sconfortante: per il settore manifatturiero si prevede mediamente, tra marzo e maggio, un calo dal 30 al 70%, sia per la produzione che per le consegne. «Priorità immediata per noi imprenditori è il sostegno alla liquidità, affinché le nostre aziende possano far fronte ai cali di fatturato di questi mesi. Solo se questa diventa la priorità su cui tutti noi ci concentriamo, abbiamo la speranza di sostenere in futuro il manifatturiero a Verona, in Veneto e in Italia», prosegue.
Altra mancanza è quella di dialogo con le banche: «Anche il sistema bancario dovrebbe fare la sua parte: ad oggi, a parte qualche moratoria sui mutui, vediamo poca chiarezza su come dovremo comportarci; mancano linee guida chiare che valgano per tutto il sistema bancario. Anzi, in questo periodo le banche lavorano con un terzo del personale operativo e le risposte non ci sono proprio», sottolinea.
La moratoria sui mutui potrebbe ridare una boccata d’ossigeno alle micro-imprese, già affaticate da previsioni di stagnazione e decrescita. Tra le richieste dell’Associazione riguardano veloci procedure di incremento fidi con garanzie governative a favore delle aziende e procedure di ricadenziamento dei crediti anticipati. «È tuttavia necessaria la definizione di procedure per le delibere che siano snelle e veloci: il numero di domande sarà elevatissimo e non possiamo permetterci tempistiche di attesa superiori a qualche giorno lavorativo», rimarca.
«La preoccupazione è alta sui tempi in cui le attività potranno riprendere con regolarità. La problematica che stiamo affrontando ci ha colti impreparati – conclude –. Continuare in questo modo non ha senso: la filiera delle forniture non lavora in maniera omogenea. Chi sta provando a tenere aperto per fare la sua parte deve lavorare in modo diseconomico, anticipando soldi per mettere merce a magazzino senza la certezza di riuscire a consegnarla. Così non potremo procedere a lungo».