Uno dei successi più entusiasmanti ottenuti dal Verona al ‘Bentegodi’ contro la Fiorentina, è datato 10 dicembre 1989. In una fredda domenica d’inverno, una contesa ricca di emozioni si avviava a terminare senza reti quando a far saltare il banco ci pensò una punizione trasformata con un colpo di biliardo da Marino Magrin. «Quella viola era una squadra piena di campioni – ricorda il talentuoso ex centrocampista gialloblù – con giocatori come Dunga e Roberto Baggio. Noi venivamo da un periodo un po’ difficile e la vittoria finale rappresentò il coronamento di tanti sacrifici. La punizione vincente la ricordo benissimo. Fu una vera e propria pennellata all’incrocio. Landucci fece un gran tuffo ma non riuscì a evitare che la palla finisse in rete». Le punizioni, del resto, sono state sempre il suo punto di forza. «Alla fine di ogni allenamento rimanevo sempre a provare – confessa – e studiavo quelli più bravi di me, come Zico, Maradona e Platini». Il gol ottenuto allo scadere mandò in visibilio il ‘Bentegodi’ e non solo. «Vero – aggiunge – vidi esultare persino Bagnoli mentre il mio amico Pierino Fanna si mise a correre a tutta velocità verso la Curva Sud, attraversando tutto il terreno di gioco».
Il successo ottenuto all’ultimo respiro fu, però, una delle poche soddisfazioni di una stagione che terminò a Cesena con un’amara retrocessione in serie B. «Non riuscimmo a salvarci – prosegue – ma ci rifacemmo l’anno seguente conquistando la serie A alla fine di un’annata davvero travagliata. La società, come voi ricorderete, dovette fare i conti con un fallimento, ma noi non ci perdemmo d’animo. Ci comportammo da professionisti e anziché mettere in mora la dirigenza, come qualcuno avrebbe voluto, noi “vecchi” rinsaldammo il gruppo conquistando una promozione della quale ancora oggi sono orgoglioso». Per Marino le tre stagioni trascorse a Verona hanno rappresentato la parte finale di un’ottima carriera che lo ha portato a indossare anche le maglie di Atalanta e Juventus. «Il mio auspicio è sempre stato quello di chiudere la carriera a Bergamo, tuttavia quando Franco Landri mi prospettò l’ipotesi del Verona accettati molto volentieri. Tricella e Fanna mi avevano parlato molto bene della città e, inoltre, avevo desiderio di conoscere da vicino Osvaldo Bagnoli, un ottimo allenatore ma, soprattutto, una gran brava persona. Ho vissuto due retrocessioni con in mezzo una promozione ma Verona resta un’esperienza che ricordo con molto piacere. Seguo sempre l’Hellas e mio figlio è diventato un tifoso gialloblù». Oggi, dopo aver allenato a livello giovanile, l’indimenticato centrocampista scaligero gira i campi per l’Atalanta in qualità di osservatore. «Mi piace andare in giro alla ricerca di giovani talenti. Sui campi di provincia ce ne sono, bisogna essere bravi a trovarli»..