Così Bolt ci portò su un altro pianeta Undici anni fa il fenomeno giamaicano corse i 200 metri in 19"19: più veloce della luce

Che parole si usano per dire “Come un fulmine” in inglese? “Like a bolt of lightning”. Bolt. Fulmine. Notate qualcosa? Una qualche assonanza di significati? Un curioso gioco di predestinazione? Chissà quante volte Usain Bolt, nato in un villaggio giamaicano di un migliaio di abitanti, se lo sarà sentito dire: “Il tuo destino è nel tuo nome”. Chissà quante altre si sarà sentito benedetto dalla sorte con un talento cristallino, un predestinato appunto, eppure carico di una responsabilità: quella di correre come nessuno ha mai corso, quella di diventare l’uomo più veloce di sempre.
“Siamo in un’altra dimensione. Siamo in un altro pianeta” hanno ammesso a caldo i telecronisti incaricati di commentare un’impresa inimmaginabile e splendida. È il 16 agosto di 11 anni fa. Usain Bolt ha alle spalle già innumerevoli successi. Un anno esatto prima, alle Olimpiadi di Pechino, in una gara surreale, corsa negli ultimi metri con una scarpa slacciata, in cui si era addirittura concesso di esultare prima ancora di raggiungere il traguardo, aveva stabilito il nuovo primato mondiale: 100 metri corsi in 9″69. Un tempo da alieno.
Non è finita, pochi giorni dopo, si impone con un’altra prestazione strepitosa, corre i 200 metri in 19″30 con vento contrario di quasi un metro al secondo.
Trascorre un anno, è il 16 agosto 2009, siamo a Berlino, ai Campionati del mondo di atletica leggera. Da ogni parte del mondo si è sintonizzati per seguire “la” finale, quella dei 100 metri. Gli occhi sono puntati su quel gigante di 1,95 m, che occupa la quarta corsia. Usain sorride sfacciato, pare non sentire alcun tipo di tensione per la gara. Del resto, cosa si può pensare in quei secondi che lo separano dallo sparo che sancisce l’inizio? Forse il destino è già scritto. È scritto nel villaggio in cui è nato, nel fare canzonatorio con cui si è fatto conoscere, nel suo caratteristico saluto che faceva sorridere il pubblico, nella sua personalità esuberante, negli allenamenti cui si è sottoposto, nei muscoli delle sue gambe, ingranaggi perfetti, artefici dei suoi successi… nel suo nome.
Scatta dai blocchi di partenza. Sembra partire con qualche difficoltà. Gli altri sono impercettibilmente davanti a lui. Nessuno crede per un istante che non recupererà. È in 41 falcate che realizza un’opera d’arte: 9″58.
Registra la massima velocità media con partenza da fermo mai raggiunta da un uomo, corre ad una media di 37,578 km/h. Maestoso, stellare.
Con ogni falcata percorre una media di 2 metri e 44 centimetri, toccando la velocità massima di 44,72 km/h. Record che offusca risultati e prestazioni considerevoli di Tyson Gay (9”71) e Asafa Powell (9”84). Quattro giorni dopo, il 20 agosto, ritocca il primato sui 200: 19″19, più veloce della luce.
Sembra la dimostrazione illusoria che non esistono limiti che non possano essere valicati. Non è così forse, ma non importa, questa sera è stata scritto un pezzo di storia.
Undici anni fa Usain ha corso più veloce di tutti. E tanto basta.
Stefania Tessari