“Così gioca solamente il Chievo” intitolerà L’Arena il giorno dopo l’impresa gialloblu in trasferta a Milano, il 16 dicembre 2001. Prima storica stagione in Serie A per la creatura di Campedelli, Sartori e Del Neri, con un inizio subito scoppiettante a mettere i piedi ai piani alti del calcio italiano, dove si era appena iniziata a conoscere meglio la favola Chievo. I gialloblu avevano da poco perso il primato in classifica uscendo immeritatamente sconfitti 3 a 2 contro il Milan, in una partita diretta scandalosamente dall’arbitro Cesari. Così nell’anticipo di sabato sera Perrotta e compagni si ripresentano a Milano a sfidare a viso aperto i nerazzurri di Cuper in quel momento al comando del campionato. Serata fredda, campo ghiacciato, 60 mila spettatori, si accendono le luci a San Siro, seguite dalle note del Silenzio del trombettiere degli Alpini a omaggiare Peppino Prisco, storico dirigente nerazzurro scomparso pochi giorni prima. Passano appena quattro minuti e l’atmosfera si scalda: palla da Perrotta a Marazzina, che serve Corradi il cui tiro finisce alto di poco. Gli risponde Ronaldo il Fenomeno che impegna Lupatelli bravo a deviare in corner. La gara è avvincente, le squadre rispondono colpo su colpo e al 19’ cambia il risultato: calcio d’angolo di Corini, svetta Corradi che di testa trafigge Toldo per il vantaggio del Chievo. I nerazzurri reagiscono subito aggrappandosi al solito Vieri, scaltro in mischia ad avventarsi su un pallone sporco e a deviare in porta il goal del pareggio. Anni dopo Marazzina dirà scherzando a Bobo: «Hai segnato di stinco». I Mussi volanti non si abbattono e anzi dominano la partita, con Corini in mezzo al campo a dettare legge ed Eriberto incontenibile sulla fascia a far venire il mal di testa al povero Gresko. Arriva l’intervallo e i tifosi sugli spalti tutti a bere un tè caldo. Al rientro sul terreno di gioco è Marazzina a travestirsi da solista d’orchestra, raccogliendo lo splendido assist di Perrotta e freddando con un destro rasoterra l’estremo difensore nerazzurro. Proprio Marazzina, cresciuto nel vivaio interista prima di esordire in A subentrando a Dennis Bergkamp. 2 a 1 Chievo, San Siro ancora di ghiaccio. Il ritmo cala, Cuper le prova tutte e si schiera con tre attaccanti più a sostegno El Chino Recoba. Ma è ancora Vieri a costruire la migliore palla goal della ripresa, saltando da solo in dribbling la difesa del Chievo e servendo Ronaldo che da due passi non riesce a toccare. Nell’infuocato finale di partita è provvidenziale il portierone Lupatelli dal numero 10 sulla maglia che con i suoi guantoni si avventa in un’uscita coraggiosa sui piedi dell’interista Kallon lanciato a rete. Triplice fischio, ora sì che può iniziare la festa dei clivensi, di nuovo in testa alla classifica di Serie A. Quella sera tutti i 60 mila spettatori allo stadio e non solo si accorsero che quel Chievo non era più la semplice favola raccontata sui giornali o un episodio fortunato del destino. Il Chievo era realtà, finalmente grande tra le grandi, e poco importa se poi quel sogno chiamato scudetto non si materializzò a fine stagione. Almeno quella sera, alla Scala del calcio la sinfonia era tutta gialloblu.
Jacopo Segalotto