E’ stato tutto, del Verona. Giocatore, cannoniere, trascinatore, allenatore, talent scout, responsabile del settore giovanile, uomo-società. Una bandiera, fino all’ultimo, in un tempo in cui le bandiere ancora non andavano di moda.
Guido Tavellin lo è stato, attraversando stagioni diverse, infinite, con la passione di sempre. Lo trovavi in sede e al campo, alle partite della Primavera e alle sedute dei grandi, mai un passo troppo avanti, mai sopra le righe.
Lo aspettavi e lui c’era. Serviva un “traghettatore” in stagioni difficili e lui traghettava. Un uomo per tutte le stagioni, purchè avessero i colori gialloblù. E quando chiesero, un giorno, a Bagnoli, come si sarebbe visto nel Verona, una volta finita la carriera, l’Osvaldo rispose: “Mi sarebbe piaciuto un ruolo “alla Tavellin”. In sede, in campo, con i giovani”. Una laurea ad honorem.
Segretario? Ma va’, troppo poco, non rende bene l’idea. Nel calcio di don Saverio, Giancarlo Fiumi è stato molto di più. Segretario, certo, ma prima ancora consulente, braccio destro, amico. “Sapeva tutto del Commenda” han sempre detto tutti. Sapeva persino quando stava per esplodere e, qualche volta, riusciva persino a fermarlo. Qualche volta, mica sempre, perchè don Saverio quando decideva di esplodere non lo mandava a dire e spesso giocava d’anticipo
Poi Garonzi se lo portò al Chievo, “per costruire un sogno. Elegante, colto, saggio, la parola giusta al momento giusto, la battuta quando serviva. Eh, come servirebbero quelli come Fiumi, nel calcio di oggi. Dove si son perse troppe cose, dove tutto corre troppo, dove, non si sa. Ma dove mancano (spesso) buon senso e umanità. Là, dove scorreva il Fiumi, certe cose non sarebbero mai accadute…