Settima tappa per l’equipaggio di Operazione Fiumi, la campagna di citizen science e ambientalismo scientifico di Legambiente Veneto realizzata grazie al supporto tecnico di Arpav. I primi dati disponibili che Legambiente ha illustrato per il Fratta-Gorzone sono relativi alla presenza di batteri fecali, un parametro ricercato per verificare il livello di depurazione delle acque e la presenza di eventuali picchi di inquinamento dovuti a scarichi non autorizzati o sversamenti illegali; il parametro Escherichia coli è considerato da ARPAV quale indicatore per valutare l’idoneità microbiologica all’uso irriguo dei corsi d’acqua del Veneto. Secondo i dati Arpav più recenti sullo stato chimico dei fiurmi, il bacino idrografico del Fratta Gorzone è tra quelli che presentano il maggior numero di non conformità e la maggior parte riguarda la sostanza PFOS connessa al noto fenomeno di inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) delle acque superficiali e delle falde acquifere interessanti territori delle province di Vicenza, Verona e Padova. I corpi idrici che hanno registrato nel 2021 le concentrazioni medie più elevate di PFOS sono stati il rio Acquetta, fiume Togna, scolo Fossiello, fiume Brendola, fiume Guà. Tutti corsi d’acqua afferenti al bacino idrografico del sistema Fratta Gorzone. “Non è improbabile ipotizzare che queste sostanze si immettono nel fiume all’altezza di Cologna Veneta, in particolare attraverso il collettore fognario A.Ri.Ca (collettore che raccoglie i reflui dei cinque depuratori di Trissino, Arzignano, Montecchio Maggiore, Montebello e Lonigo) – commenta Piergiorgio Boscagin della segreteria regionale di Legambiente – vista la grande presenza di industrie chimiche e conciarie. Il Fratta Gorzone resta un fiume dimenticato ed in sofferenza.