Ma Verona non è ancora una città universitaria. Continua la fuga di giovani all’estero mentre in città mancano molti servizi per gli studenti. A cominciare dagli alloggi
Basta una università con 28 mila iscritti e tante facoltà, alcune delle quali nuove e tecnologiche come per esempio Ingegneria dei sistemi medicali per la persona per essere definiti a tutto tondo una città universitaria? Ristrutturare la stazione di Porta Vescovo e dedicarla all’Università perché da qui partono e arrivano centinaia di studenti pendolari che avranno a disposizione anche un percorso ciclopedonale per arrivare alla Santa Marta è sicuramente un gesto di grande attenzione ma è sufficiente perché gli studenti si sentano in una città universitaria? No, non basta. Lo dicono gli studenti che frequentano l’ateneo tutti i giorni. Lo dicono gli stessi rappresentanti delle istituzioni: sono state troppe le occasioni perdute, ma qualcuna la si può ancora recuperare se vogliamo evitare per esempio la continua fuga all’estero dei nostri giovani studenti. C’è chi lascia la provincia veronese perché all’estero è più facile trovare un lavoro ben retribuito e che riconosca il merito di tanta fatica sui libri, ma c’è anche chi lascia la propria famiglia per andare a studiare negli atenei internazionali, più serviti e più accoglienti. “Le stazioni ferroviarie servono per arrivare, ma anche per ripartire”, dice Alessandro Bonfante che cura la newsletter di Sassodadige, molto seguita nel mondo universitario. “È un assunto piuttosto banale, ma dovrebbe tenerlo a mente l’amministrazione quando – come annunciato un mese fa – intende inseguire il sogno di «Verona città universitaria» cominciando dalla riqualificazione della stazione di Porta Vescovo. Diventerà «un luogo vivo, bello, sicuro» e si connetterà all’università «attraverso nuove piste ciclabili e percorsi pedonali». Benissimo, ma ci sono un paio di considerazioni da fare, che giunta e istituzioni cittadine dovrebbero tenere presente”. Le priorità per chi vive a Verona da studente sono tante altre. “Innanzi tutto mettere mano seriamente all’offerta abitativa rivolta agli studenti. Aumentano i corsi di studio e crescono le immatricolazioni (al contrario delle medie italiane), per cui non è il caso di finire come a Milano con sgabuzzini affittati a 800 euro al mese. Manca un grande studentato, che possa anche essere un punto di riferimento per la vita studentesca”. “E poi”, prosegue Alessandro “una città come Verona, ricca e con realtà imprenditoriali di tutto rispetto, ha tutte le carte in regola per creare in loco le opportunità. Offrire l’opportunità di costruirsi un percorso di vita e professionale qui, senza bisogno di andare a cercare fortuna a Milano oppure oltre confine. Altrimenti le nuove ciclabili e la stazione ripulita saranno un ottimo incentivo per i neolaureati: troveranno facilmente la strada per andarsene da Verona”. Da Verona, secondo i dati dell’Aire, se ne sono andati dal 2019 quasi 58 mila giovani che hanno scelto l’estero. La maggior parte under 30. Non è solo un percorso lavorativo quello che si cerca ma spesso anche un percorso di studi. E se sul fronte dell’aggiornamento dei corsi di laurea rispetto alle nuove frontiere tecnologiche si stanno facendo molti sforzi per andare incontro alle scienze dei big data, tanto per fare un esempio, è sull’offerta dei servizi che Verona ancora deve guadagnare terreno.
Le sfide vinte e le occasioni perdute. La Santa Marta fiore all’occhiello, ma mancano uno studentato e la casa delle start up
Per esempio, il Covid ha portato l’ateneo a rivedere i propri piani di investimento immobiliare: l’allora rettore Nicola Sartor nel suo intervento per l’inaugurazione dell’anno accademico del 2019 prevedeva nel bilancio il Centro per il trasferimento tecnologico nel polo della Scienza e tecnologia di Ca’ Vignal, una piattaforma dove ospitare le start up che nascono negli Istituti Biologici e non solo. Il progetto è rimasto lì. Eppure quando si è deciso di recuperare la Santa Marta realizzando un gioiello di edilizia universitaria ad alta efficienza e quasi completamente green grazie all’energia geotermica si sono riusciti a trovare i finanziamenti e la determinazione giusta per offrire agli studenti e ai docenti un luogo incomparabile dove studiare, insegnare, fare ricerca. Allo stesso modo, servirebbe la stessa determinazione per ampliare l’offerta di alloggi: oggi ce ne sono appena 400 in dotazione all’Esu, per il resto i ragazzi devono andare in cerca di una stanza in affitto a Veronetta, con squilibri e ripercussioni sul mercato immobiliare del quartiere. Eppure le occasioni non mancherebbero, vista anche la disponibilità di risorse con i 18 milioni statali in arrivo per la riqualificazione del quartiere. Così come si sta sistemando Palazzo Bocca Trezza, così pure in accordo con l’Amministrazione militare, il Comune o l’Università potrebbero chiedere di utilizzare l’ex Distretto militare, enorme edificio che si affaccia sia su via XX Settembre che su via Nicola Mazza-via Cantarane. Attualmente è vuoto. Potrebbe diventare in breve tempo uno studentato, foresteria per iscritti all’ateneo e per docenti in trasferta. Molto spesso i nostri professori si fanno riguardo a invitare colleghi da università straniere perché non sanno dove ospitarli. L’ex Distretto militare potrebbe diventare una foresteria di alto livello, al pari degli studentati che sono stati realizzati dall’Università di Padova di fronte alla Fiera o dall’Università di Ca’ Foscari a Venezia. A questo proposito il presidente della Fondazione Cariverona, Alessandro Mazzucco, per anni rettore dell’Università, ha anticipato nei giorni scorsi a La Cronaca di Verona l’intenzione di aiutare l’Università e i suoi studenti. Quando si trasferirà la Pia Opera Ciccarelli da piazza Santa Toscana, gli appartamenti attualmente utilizzati potranno essere messi a disposizione degli studenti. Non sono centinaia di posti, ma sarebbe già un segnale in attesa di un grande piano per l’ospitalità universitaria. Una indicazione precisa di come servano proposte concrete per rendere più attrattivo studiare in un ateneo, senza tanti proclami e annunci di iniziative che poi non verranno mai realizzate o non avranno alcuna incidenza nei fatti. Come già accaduto in passato. (mb)
“Campus Passalacqua, patti traditi”. Sironi: “Gli studenti hanno ragione a protestare. Era previsto un quartiere universitario”
Infatti, il punto sul quale gli universitari si sentono più traditi è l’assenza di un vero e proprio Campus: le promesse per l’ex Passalacqua si sono rivelate un’alta occasione perduta. E non lo dicono soltanto loro, ma lo conferma il sindaco di allora che tanto si diede da fare per ottenere il passaggio dell’ex caserma alla città: Michela Sironi. “Se gli studenti dell’università di Verona si sentono traditi per il promesso campus della Passalacqua, hanno completamente ragione” dichiara la Sironi a La Cronaca di Verona. “Avevamo definito la trattativa con il Ministero della Difesa”, ricorda l’ex sindaco degli anni Novanta, che tra l’altro è proprio docente all’Università per cui ben conosce i problemi degli studenti, “perché tutta l’area della Passalacqua restasse a disposizione dell’ateneo, prevedendo di collegarsi con il polo Zanotto, con l’ex Provianda della Santa Marta e la facoltà di Economia. Una vera e propria cittadella universitaria dove ricavare anche alloggi per studenti e professori negli edifici che si potevano ristrutturare e mettendo a disposizione questa grande area verde per tutto il quartiere di Veronetta”. Invece… “Invece i miei successori hanno deciso la vendita di una parte ai privati e si è rovinato tutto il progetto che era molto più ampio e comprendeva tutto il quartiere universitario”. L’idea iniziale qual era? “Attorno all’università si doveva creare un quartiere dedicato agli studi e alle facoltà: nella vecchia Questura infatti venne collocata la facoltà di magistero e Lingue e a Palazzo Pompei, trasferendo il Museo di storia naturale all’Arsenale doveva trovar posto la facoltà di Giurisprudenza che invece adesso è in via Montanari, dove avrebbe dovuto espandersi invece la Cignaroli”. Quali sono secondo lei, oltre al Campus della Passalacqua, le priorità oggi per gli universitari veronesi? “C’è una assoluta carenza di alloggi e non c’è una foresteria. L’idea di utilizzare l’ex Distretto militare sarebbe una buona soluzione e potrebbe farsene carico l’Esu per dare una risposta alle richieste di studenti e professori. In passato si pensava, come dicevo, di ristrutturare a questo scopo le palazzine dentro l’ex Passalacqua. Ma è stato rovinato tutto il piano per l’espansione universitaria”. Sono programmi che richiedono visione e tempo… “Certo, è necessaria una programmazione a lungo termine se si vuol, far crescere la città, dando continuità ai progetti altrimenti tutto si blocca e le esigenze dei veronesi passano in secondo piano”. (mb)
Porta Vescovo, la stazione che verrà
Illustrare alla cittadinanza il progetto della nuova Stazione di Porta Vescovo. E’ questo l’obiettivo dell’incontro “La Stazione che vorrei” in programma lunedì 27 febbraio, alle ore 20.30, nella sede dell’Associazione FEVOSS, in via Santa Toscana. Si tratta del primo di una serie di incontri per coinvolgere la cittadinanza su ciò che la stazione diventerà dopo la riqualificazione in programma. Interverranno la vicesindaca Barbara Bissoli, l’assessore alla Mobilità – Coordinamento Lavori pubblici e Progetti Complessi Tommaso Ferrari e SusannA Borelli di RFI gruppo FS – Direzione Stazioni.
Convenzione: arriveranno altri 30 posti
Il Comune ha approvato la richiesta della Fondazione Camplus di trasformare con cambio d’uso funzionale un immobile in vicolo oratorio 3 ai Filippini da struttura servizi-casa per anziani esistente a struttura servizi – alloggi per studenti con conseguente approvazione dello schema di convenzione. In base a quanto previsto dall’Esu, almeno 30 posti vengono destinati alle esigenze degli studenti dell’ateneo scaligero capaci, meritevoli e privi di mezzi. Una goccia nel mare che si affianca ai progetti di Cariverona per lo stabile in zona Santa Toscana.