Da Report alle associazioni ambientaliste, la ciclovia da realizzare sul Lago di Garda è finita nel mirino delle polemiche per due motivi fondamentali: i pericoli di frane ai quali sarebbe esposto il tracciato e gli alti costi di realizzazione che stanno esplodendo con conseguente impatto ambientale sempre più pesante.
Problemi che, come dimostrato anche da Report nella recente puntata su RaiTre interessano soprattutto le sponde di Lombardia e Trentino, mentre quella veronese al momento resta fuori dal polverone mediatico.
Il servizio si è aperto sulla sponda bresciana del lago, a Limone (al confine con il Trentino) dove è già stato realizzato un breve tratto molto scenografico: “La ciclovia da qui – ha spiegato Paolo Matteotti, del Coordinamento interregionale tutela del Garda – è tutta a sbalzo, deve essere ancorata alle pareti. Il turista magari non se ne rende conto ma ci sono una serie di disastri che renderebbe improponibile, in un contesto normale, la sua realizzazione”. In altre parole, nonostante la presenza di rete e protezioni, per Matteotti: “Il rischio è comunque di beccarsi un sasso”. I piloni che devono sostenere la pista a sbalzo entrano nella roccia per vari metri con un impatto indiscutibile. Inoltre, la recente frana avrebbe portato via l’eventuale ciclabile anche se fosse stata realizzata una tettoia di protezione. E tutto questo aumenta i costi. “I costi già nel 2022 sfioravano i 340 milioni di euro – dice Aquino – tanto che il Ministero aveva chiesto conto degli aumenti. Ma gli ambientalisti hanno stimato che sarebbero destinati a schizzare a 900 milioni di euro. Al confine tra Trentino e Lombardia dovranno costruire per esempio un ponte sospeso su pilastri di calcestruzzo”.
“Da qui – ha spiegato Marina Bonometti, anche lei del Coordinamento interregionale – parte il progetto per raggiungere Riva del Garda, questo tratto di 98 metri è preventivato con un costo di 2 milioni e 622mila euro. Un chilometro di ciclovia fatta così viene a costare più o meno come un chilometro di viadotto autostradale. È stata una scelta quella di non contemplare la via d’acqua”.
E qua entra in scena il Veneto per la sponda veronese. Perché l’ipotesi del passo-barca è già stata presa in considerazione come spiega l’assessore regionale Elisa De Berti: “Quando parliamo di Lago di Garda qualsiasi cosa si faccia costa più che da altre parti. Teniamo presente che la strada Gardesana veronese è, come ci dice la Polizia stradale, la seconda strada più pericolosa per la mobilità lenta a livello nazionale.E’ necessario quindi metterla in sicurezza. L’impatto ambientale può essere contenuto e mitigato, senza dubbio, e in Veneto non abbiamo grandi problemi. Il passo barca (a pagamento?) può avere un senso se la Gardesana venisse vietata alle biciclette, ma credo non sia possibile. La ciclovia può essere utile a sgravare dal traffico la Gardesana stessa. In ogni caso una valutazione sulla mobilità è l’intermodalità: sul lago andrebbe valutata in maniera approfondita”.
E in una interrogazione alla De Berti la consigliera dem Bigon chiede appunto se non sia “necessario studiare alternative rispetto ai tratti di maggiore pericolosità”.