É salito in bici a tre anni e, da allora, non è più sceso. Corrado Marastoni dal 2017 è il presidente di Fiab Verona, con sede in piazza Santo Spirito 13, associazione aderente alla Federazione italiana Ambiente e Bicicletta, che conta 190 sedi locali sul territorio nazionale. Da vent’anni, Fiab Verona è l’associazione con il più alto numero di tesserati d’Italia: 1.400. Milano, una volta tanto, è solo seconda. Strano primato per la città scaligera, che proprio bike friendly non si può certo definire.
Presidente Marastoni, Verona è città a misura di bicicletta?
“Diciamo che si sta lentamente avviando ad esserlo. Parlo, ovviamente, rispetto alla media italiana, perché la media europea è ben superiore. Dopo un decennio circa di stasi completa, dal 2007 al 2017, a Verona si è ripreso a pensare alla mobilità sostenibile, di cui la ciclabilità è solo uno degli aspetti. Certo, rispetto ad altre realtà vicine, come Padova, Vicenza, Brescia, o molte città del trentino e dell’Emilia, Verona è indietro”.
Eppure il mercato delle due ruote a pedale è in forte crescita anche da noi.
“Si, perché si pensa alla bicicletta come mezzo sportivo. Mi faccio i miei trenta chilometri sulla strada e arrivo al lago in bici. Ma noi di Fiab non siamo questo. Noi ci occupiamo della mobilità ciclistica non come sport, ma come abitudine quotidiana all’uso della bicicletta in alternativa all’auto, oppure per il tempo libero”.
A Verona le infrastrutture per la ciclabilità sono ancora poche.
“A Padova c’è una rete di ciclabili molto sviluppata, e soprattutto in continuità, che da noi ancora non c’è. Si sta cominciando a pensarci adesso”.
Quante ciclabili ha realizzato l’amministrazione Sboarina?
“I progetti maggiori di cui si è occupata l’amministrazione precedente sono tre. La ciclabile da Porta Palio all’imbocco di via Roma, alla quale Fiab Verona ha dato un grande contributo, proponendola a tutti i candidati a sindaco nel 2017. Poi la ciclabile che dal Saval, passando per San Zeno, arriva in piazza Bra. Hanno anche progettato e finanziato il percorso da Boscomantico fino alla stazione Porta Nuova, che non è ancora stata realizzata”.
Sta iniziando a realizzarla l’amministrazione Tommasi.
“Stanno cominciando ora i lavori, pur con qualche difficoltà. Il mese scorso hanno interrotto il tratto che avevano iniziato, dalla fine della ciclabile lungo il Biffis verso la diga del Chievo, e pare che si orientino invece a far partire i lavori da Porta Nuova”.
Cosa serve per convincere i veronesi, abituati ad usare l’auto in città, a passare alle due ruote?
“Veronesi o non veronesi, per cambiare le proprie abitudini consolidate le persone hanno bisogno di una motivazione valida. Quindi, prima di tutto, bisogna che andare in bicicletta risulti molto più vantaggioso che non muoversi in auto. E bisogna che usare l’automobile diventi sempre più difficile: quindi la mobilità urbana automobilistica va limitata. Solo così riusciremo ad avere un cambio di mentalità e di abitudini anche nei veronesi, che non sono cittadini diversi dagli altri”.
Quindi, concretamente, che interventi servono?
“Creare piste ciclabili e moderare la velocità con zone 30 davvero efficaci, non limitandosi al solo cartello stradale. Sarebbe anche importante applicare le modifiche al codice della strada introdotte nel 2020, durante la pandemia. Ad esempio il doppio senso ciclabile nelle vie a senso unico, come all’estero si fa regolarmente. Una possibilità, anche questa, che servirebbe a incentivare la mobilità sostenibile, rendendola più conveniente rispetto al muoversi in auto. Molti a Verona non lo sanno, ma già oggi diversi percorsi ciclabili sono più vantaggiosi rispetto alla macchina”.
Un esempio?
“Da corso Milano fino a piazza Bra nelle ore di punta. E senza il problema del parcheggio”.
Ma, come dice lei, molti non lo sanno.
“E questo è un difetto veronese: ci vorrebbe una comunicazione maggiore! L’amministrazione pubblica in generale comunica pochissimo. Conosco bene Padova e lì è un’altra cosa. Certo, ci sono costi da sostenere, risorse da impiegare, ma è il solo modo per informare i cittadini e motivarli”.
Qual è il livello di collaborazione con l’amministrazione comunale: ottimo, buono, scarso, inesistente?
“Finora buono, nel rispetto dei ruoli. É un anno che sono in carica: adesso devono cominciare a mettere su strada quello che hanno in mente”.
Sicuramente è un’amministrazione bike friendly, ma risultati finora non se ne vedono.
“Non si possono pretendere risultati dopo solo un anno. Chi ha esperienza dei tempi lunghi dei lavori pubblici in Italia, sa bene che prima di vedere i progetti messi a terra ci vogliono anni. Darei all’amministrazione Tommasi ancora un po’ di tempo. Penso comunque che usciranno presto le linee fondamentali di quello che vogliono realizzare nel quinquennio”.
Parecchie corsie riservate alle bici sono da ridipingere. Penso a via Volta.
“Si, devono farlo più spesso. Non è una cosa secondaria, soprattutto per i ciclisti: la visibilità o meno delle strisce incide in maniera fondamentale sulla sicurezza. Via Volta è un esempio: avere in galleria, dove già la visibilità è ridotta, una corsia ciclabile che si vede a malapena, è come se non ci fosse!”.
Qual è il problema più grosso per chi si muove in bici a Verona?
“Prima di tutto i punti di discontinuità delle piste, che bisogna colmare. Su questo aspetto noi di Fiab insistiamo molto. L’amministrazione attuale sembra sensibile anche sulla necessità di queste ricuciture, oltre che sui grandi progetti. Poi serve più rispetto per i ciclisti: il veronese medio guida l’auto senza la dovuta attenzione verso chi si muove in bici. Di recente abbiamo segnalato alla Polizia municipale che c’è una scarsissima conoscenza degli attraversamenti ciclopedonali, dove le biciclette hanno la precedenza”.
Però ammetta che spesso l’avversione degli automobilisti per i ciclisti è comprensibile: non rispettano le regole, pedalano in gruppo su strade trafficate…
“Aggiungiamo quelli che vanno sui marciapiedi, quelli che vanno in senso contrario dove non si può, e via dicendo. La risposta è semplice: la maleducazione non dipende dal mezzo che si usa. E la Fiab non è il sindacato dei maleducati. Chi va in bici e si comporta male, merita di essere sanzionato”.
Lei va a lavorare in bicicletta?
“Io lavoro a Padova e quindi uso il treno, ma gli spostamenti in città li faccio tutti in bici”.
A che età ha imparato a salire in bici?
“A due, tre anni. Da ragazzo abitavo a San Massimo e con gli amici eravamo in bici dalla mattina alla sera. Dagli anni ‘90 abito in Valverde e ogni mio spostamento in città è sulle due ruote. Per me la bici è una compagna di vita, più che una compagna di sport”.
Il suo viaggio in bici più bello?
“I giri che preferisco li faccio in Friuli. Da diversi anni con la famiglia vado al mare a Grado. Loro vanno in spiaggia e io, ogni mattina, monto in sella e giro in bici dall’alba al tramonto. All’estero non vado mai. Giro in prevalenza l’Italia, anzi il Veneto e il Friuli in particolare”.
In definitiva, qual è il bello della bicicletta?
“Bicicletta è libertà. Per gli spostamenti urbani è il mezzo che ti rende più libero di muoverti. La bici la prendo a casa e dove arrivo la metto. É una libertà totale”.
E nel tempo libero?
“É il senso di godere più del viaggio, che non della meta. Il bello della bici è pedalare, guardare il paesaggio, respirare il profumo della natura, fermarsi dove e quando vuoi. La meta è quasi un dettaglio. L’esatto contrario del viaggio in auto”.
Rossella Lazzarini