Ciao Germano, bello averti conosciuto Sapeva regalarti amicizia e consigli, esempio fino all’ultimo di passione e professionalità

Dieci anni fa, come ieri, se ne andava Germano Mosconi. Un grande giornalista, una persona seria. Un amico. Sì, perchè Germano aveva la dote, sempre più rara, di regalarti amicizia, consigli. Di non farti pesare il suo lungo percorso, l’esperienza, le conoscenze. Certo, gli piaceva raccontarsi e raccontare, questo sì. Allora, ti metteva una mano sulla spalla e ti diceva: “Senti qua…”.
E si lasciava andare ai ricordi, ne aveva tanti, perchè di calcio e di Hellas ne aveva visto per anni. Gli anni eroici, in cui il giornalista era “vangelo” e poteva raccontarti di tutto perchè la partita l’aveva vista solo lui. E gli aneddoti, tra Eros Mazzi e Garonzi,
Chiampan e Bagnoli, Cadè e Valcareggi.
Erano gli anni in cui i giornalisti erano (anche) un po’ allenatori, confidenti, spesso amici. Lui se ne vantava, ma senza esagerare. Orgoglioso di esserci stato, ma senza spocchia, senza tirarsela, nemmeno un po’. Capo dello sport de “L’Arena”, quando
esserlo era un’investitura per sempre. E poi, un passo avanti, quando s’era riciclato personaggio Tv, agli inizi di Telenuovo.
Sapeva far tutto e lo
faceva pure bene. Riempiva il video, ecco, gli veniva naturale.
“Senti qua…”, par di sentirlo ancora. Gli piaceva raccontare, ma sapeva, anche, ascoltare. E a pensarci bene, è una dote ancora più rara in un mondo in cui a molti, vien facile “fare i professori” e salire in cattedra.
Germano sapeva ascoltare. E se una cosa gli piaceva, ti diceva “bravo”. Neanche un filo di gelosia, in un mondo in cui (spesso) la gelosia è una regola e non l’eccezione. “Ehi, Tom, bellissima “Palla lunga e pedalare”, m’aveva detto, agli inizi dell’avventura. “Proprio una grande idea”. E se scrivevi un bel pezzo,
te lo diceva. Senza filtri, senza barriere. Lui era fatto così.
E poi l’esempio. Anche quando era un po’ avanti con gli anni e fare i gradoni del Bentegodi era diventato un po’ più complicato, c’era sempre. Si piazzava al suo posto, inforcava gli occhiali, prendeva appunti come l’ultimo dei collaboratori. E tu pensavi, “…questa è la passione, il bisogno di esserci, di non gettare la spugna”.
Germano era così, un riferimento per chi i gradoni del Bentegodi cominciava allora a farli e lo guardava, magari, con un filo di soggezione. Te la toglieva subito, ti dava del tu. E non lesinava consigli, perchè gli piaceva il suo lavoro e gli piaceva avvertire quel “sacro fuoco’ sempre più raro.
Bravo, Germano, anche a lasciar perdere la “vigliaccata” di chi lo sbattè in prima pagina, quando i social erano all’alba e girò un video “falso e volgare” in cui veniva dipinto per quello che non era.
Ne soffrì di sicuro, non lo diede mai a vedere. E andò sempre a testa alta, com’era giusto che fosse. Così come, adesso, ce lo ricordiamo tutti. Con un pizzico di nostalgia per un tempo, un giornalismo e un amico, che non ci sono più.

Raffaele Tomelleri