Alessandro Gonzato
Non poteva andare diversamente. Pensateci: a quali esiti avrebbe mai potuto portare, se non al solito nulla cosmico, l’ennesima riunione sull’autonomia con protagonisti Conte, Boccia, Di Maio, Fraccaro, Franceschini, D’Incà, Rosato, Speranza e, attenzione reggetevi forte, Maria Elena Boschi? Sì, avete letto bene: all’ennesima riunione romana anti Veneto e Lombardia (di mezzo c’è anche l’Emilia Romagna il cui governatore Dem Bonaccini però non ha detto una parola sulla fumata nera) v’era pure Maria Elena, fedele sodale di quel Renzi che nel 2014 impugnò (vanamente, ahilui) la legge sul referendum licenziata dalla giunta del leghista Zaia e che, da capo dei Dem, riuscì a impedire l’utilizzo della scheda elettorale nel tentativo di delegittimare la consultazione. L’attuale ministro alle Autonomie Boccia, peraltro, fu uno dei più convinti fiancheggiatori del fiorentino. E dunque la riunione dell’altra notte è stata come quelle assemblee di condominio dove tutti sono d’accordo sul non apportare nessuna miglioria al palazzo eppure per regolamento devono perdere un paio d’ore a cianciare. Pd e 5 Stelle, forse unico punto veramente in comune, non hanno mai pensato per un secondo di attuare la riforma leghista che anzi nei loro intenti va distrutta una volta per tutte. Il vertice è stato ancora una volta un bluff, una presa per i fondelli per i 5 milioni e mezzo di veneti e lombardi che il 22 ottobre 2017 hanno votato per l’autonomia, eppure il ministro competente Boccia ha dichiarato che «è andata bene» e che l’esecutivo «è pronto ad andare in parlamento». «Avevamo promesso che il ddl sull’autonomia sarebbe stato collegato alla manovra e così sarà. Sono arrivati contributi, credo ultimativi, da M5S e Leu». C’è perfino Leu di mezzo: ci pensate? Sul “Sole 24 Ore”, con un ardire non comune, Boccia ha addirittura rilanciato: «Sull’autonomia non ha più senso perdere tempo. Tutti i contributi che non stravolgono l’impianto concordato con le Regioni sono benvenuti, ma bisogna sapere che se non si fa la legge quadro si torna al caos precedente, in cui ognuno chiede di andare per conto suo».
…E ancora: «Il Pd ha una visione chiara sul tema, aiutato anche dal fatto che Zingaretti ha una visione di insieme delle istituzioni ed è anche un presidente di Regione». Zaia, il quale come il collega lombardo Attilio Fontana ha già fatto sapere che non accetterà un accordo farsa, è andato giù pesante: «Trovo raccapricciante quanto emerso dalla riunione. Avevamo trovato un punto di faticoso ma sostanziale equilibrio con tutte le Regioni e speravamo che si consolidasse in sede governativa. Invece la riforma che può davvero cambiare pelle al Paese è di nuovo bloccata. Io spero che il governo, se esiste e se ha i numeri, batta un colpo» ha aggiunto Zaia «altrimenti è bene che vadano tutti a casa. I governatori» ha concluso «al tavolo convocato qualche settimana fa da Boccia avevano chiesto di andare avanti con questa riforma. È la prova che a Roma, a rappresentare il popolo, non c’è nessuno». Sentite Silvia Rizzotto, capogruppo della lista Zaia in Regione: «Finalmente è tutto chiaro, abbiamo un governo che ha dichiarato guerra al Nord. Ora basta con questi attacchi al nostro popolo!».