Chievo Verona, plusvalenze nel mirino Rappresentata una situazione economica di apparente benessere per nascondere il dissesto

La Procura della Repubblica di Verona, a seguito delle indagini condotte dai Finanzieri del Comando Provinciale di Verona, ha richiesto al GIP di emettere il Decreto che dispone il giudizio per bancarotta fraudolenta nei confronti dell’allora amministratore unico dell’”AC Chievo Verona Srl”, Luca Campedelli. La società fondata nel 1984, lo ricordiamo, è attualmente in fallimento.
Le indagini svolte dalle Fiamme Gialle, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica guidata da Raffaele Tito, hanno permesso di scoprire un meccanismo, ritenuto fraudolento, per mezzo del quale l’amministratore avrebbe sistematicamente rappresentato una situazione economica di apparente benessere del Chievo Verona, tale da dissimulare il dissesto e l’erosione del patrimonio della società, nonché di permettere alla stessa l’iscrizione al campionato di calcio, pur in assenza dei requisiti necessari.
Al centro delle complesse indagini, si legge in una nota della Procura di Verona, ci sono anche le “fittizie” cessioni di calciatori alle squadre del Cesena e del Carpi, effettuate peraltro a prezzi non conformi rispetto all’effettivo valore di mercato. I giocatori, in realtà, venivano venduti esclusivamente in maniera cartolare, senza mai spostarsi da una squadra all’altra, permettendo così la registrazione al bilancio del Chievo di ingenti plusvalenze, per oltre 35 milioni di euro. Come accertato nel corso delle indagini, rientrano nel meccanismo delle plusvalenze anche alcune operazioni infragruppo riguardanti in particolare la cessione del marchio Chievo, appositamente rivalutato, ed il conferimento del ramo d’azienda comprendente il terreno del Campo Sportivo Bottagisio.
Ulteriori fattispecie penali contestate dai sostituti procuratori tirolari delle indagini preliminari riguardano le distrazioni dalle casse del Chievo Verona di oltre 200.000 euro da parte dell’amministratore unico per scopi estranei alle finalità d’impresa, nonché il reiterato sistematico e rilevante mancato adempimento degli oneri tributari e previdenziali dal 2014 fino alla data del fallimento per oltre 34 milioni di euro.