“Chievo, la tua storia non si cancella” “E la famiglia Campedelli merita rispetto, per quello che ha costruito in questi anni”

CARO CHIEVO,
io non dimentico, non posso farlo. E credo di non essere l’unico a pensare queste cose, a provare adesso, uno stato d’animo strano. Assurdo. E’ come se quasi trent’anni della mia vita professionale, non fossero mai esistiti. Travolti. Cancellati. Ti cerco nei vari campionati e non ci sei. Serie A, Serie B, Serie C… Anche in serie D, non c’è traccia.
E quando penso alla serie D, rivedo quelle partite al Bottagisio, io verso la fine della mia carriera, tu all’inizio di un sogno che allora era difficile sognare.
Poi, tutto è successo così in fretta. La serie C, la scelta di Malesani, la promozione in B che sembrava il punto più alto. Ricordo, quella sera a Carrara: “Più di così…” pensavamo tutti…
Invece no, non era ancora finita, anzi. Stava cominciando la parte più bella. Delneri, la serie A, quella prima stagione in cui poteva accadere di tutto. E infine l’Europa, una, due volte. L’ammirazione di tutta Italia, la tua immagine nel mondo. Mi ricordo a Bangkok, m’ero preso qualche giorno di vacanza, vidi in vendita la maglia di Marazzina. La nostra maglia, capisci che cosa eravamo diventati?
In tutto questo, c’era un denominatore comune. Un filo rosso che legava una stagione all’altra, una storia all’altra, senza perdere mai di vista le nostre radici. Quel filo rosso era la famiglia Campedelli. Il papà Gigi, poi Luca, il fratello, la mamma. E il dott. Tengattini. Quella società era una famiglia, per questo il Chievo è arrivato dov’è arrivato. E il mio primo pensiero, adesso, va proprio alla famiglia Campedelli. A Luca, in particolare. Lo conosco bene, so che cosa può provare oggi, dopo tutto quello che è accaduto, dopo che il “suo” Chievo è scomparso dal calcio.
No, non chiedetemi giudizi che non posso dare. Non vivo a Verona, non ho vissuto questi anni, sarebbe sbagliato giudicare “per sentito dire”. Ma una cosa voglio dire, chiara e forte. Oggi vorrei che tutti i tifosi del Chievo, che non sono pochi, non giudicassero il Presidente, per quello che è successo.
Vorrei che non dimenticassero tutta la storia del Chievo, limitandola a questi ultimi anni, se non a questi ultimi mesi. Se il Chievo è arrivato a giocarsela con la Juve e col Milan, se è arrivato in Europa, il merito è della famiglia Campedelli. Dimenticarlo, oggi, sarebbe un grande torto, un errore che non si deve commettere e, soprattutto, non deve farlo chi vuole bene al Chievo.
E un’altra cosa, è giusto dire, pur in un momento come questo. Per fortuna, la storia non si cancella. Resta lì. Nessuno potrà mai dimenticare la favola di un piccolo quartiere che arriva a sfidare le grandi. Nessuno. E quel “niente è impossibile” che era diventato il nostro slogan, può essere adottato da altri. E chissà, un giorno, magari meno lontano di quello che pensiamo, la favola potrebbe ricominciare. Perchè, davvero, “niente è impossibile”, caro, vecchio Chievo…”

Giovanni Sartori