Cinque allenatori in due anni. Troppi per tutti, figurarsi per il Chievo, dove gli esoneri, fino a qualche anno fa, si contavano sulle dita di una mano. Qualcosa è cambiato, forse molto è cambiato. Forse troppo, chissà. La realtà, parla di una squadra da ridisegnare, affidata ora ad Alfredo Aglietti, che si gioca a Verona, sponda Chievo, l’ennesima scommessa della sua carriera. Grandissimo un anno fa, quando trascinò l’Hellas in serie A, ci riprova oggi con una squadra che ha meno certezze, ma più tempo a disposizione. Gli basterà? Si ricomincia da Ascoli, questa sera. Non c’è tempo da perdere, anche se sarà difficile, ovviamente, vedere già qualche cambiamento.
DOPO MARAN. Passata l’era Maran, finita (purtroppo male) dopo anni di lustrini e paillettes, era arrivato D’Anna, il classico uomo-Chievo, una figura che a Campedelli è sempre piaciuta. Ai suoi tempi, c’era stato Balestro, poi anche Icio D’Angelo, poi Corini, quindi Maran. Dna da Chievo, come D’Anna. Che infatti viene riconfermato dopo la salvezza in extremis. In realtà, quel ciclo è finito, ma è finito anche un “certo Chievo”, quello che difendeva i suoi allenatori, quello che sapeva proteggerli. Perché dietro un allenatore ci deve sempre essere una società forte. D’Anna si trova presto allo scoperto, quasi da solo. Lo ha voluto Campedelli, non certo Romairone, che a sua volta non risponde certo al profilo di direttore sportivo che serve al Chievo. Morale della favola, l’anello debole è D’Anna, che infatti paga subito pedaggio, bel al di là di eventuali colpe.
VENTURA, POI DI CARLO. Resta un mistero (ma forse no…) la scelta di Ventura, che è amico di Giorgio De Giorgis, nel frattempo diventato l’uomo forte dello staff di Campedelli. La storia di Ventura al Chievo è una delle parentesi più nere degli ultimi anni. Un tecnico, probabilmente al capolinea dopo il fallimento azzurro, che non c’entra niente con Veronello e col Chievo e infatti sapete tutti come va a finire. Dopo una serie di prestazioni pietose, Ventura saluta la compagnia e anche l’addio, le modalità, i tempi, ne attestano lo spessore. Un disastro tecnico e umano, al quale Campedelli prova a porre rimedio richiamando Mimmo Di Carlo. Col senno di poi, magari, fosse arrivato al posto di Ventura, se la sarebbe giocata. In realtà, il Chievo di Mimmo tiene sempre alta la testa, ma il destino è segnato. Tre allenatori in un anno, per scendere mestamente in serie B.
ECCO MARCOLINI. Campedelli valuta altri due ex Chievo, Italiano e Marcolini. Sceglie il secondo, che ha più esperienza, conosce forse meglio l’ambiente, vive a Verona, è amico di Pellissier che potrà dargli una mano nel suo nuovo ruolo di diesse. Marcolini prende in mano una squadra che è più forte sulla carta che in campo. Gli manca un portiere d’esperienza, ha una difesa costruita in qualche modo, un attacco che non segna molto, molti giocatori assemblati in qualche modo, viste le difficoltà finanziarie in cui versa il Chievo. E finisce per pagare a sua volta pedaggio. E’ vero che il Chievo non riesce quasi mai a decollare e quando ha l’occasione, finisce spesso per inciampare. Ma è anche vero, che non c’è una società forte che lo difenda. Lo difende Pellissier, ma non basta. Marcolini si salva battendo Salernitana e Pordenone, ma gli è fatale il ko col Livorno. L’agonia finisce Cinque allenatori in due anni. Per il Chievo un triste record. Il segnale che è davvero diventato una società come le altre. Purtroppo.