“Che mamma spregevole, mi sento” "Vi chiedo scusa, per tutti i rimbrotti che vi ho fatto: non capivo la vostra sofferenza"

.Che mamma spregevole, mi sento oggi. Non che sia una novità, eh, ma i miei rimorsi, rimpianti, intricati sensi di colpa, rigurgiti di paranoica autocritica in questi giorni stanno rasentando l’apice (o toccando il fondo, è lo stesso).
Sì, lo ammetto, devo chiedervi davvero scusa. Per i continui rimbrotti, per i rimproveri spesso poco motivati, gli sbotti eccessivi, a volte le sfuriate e le urla un tantino esagerate… scusate per una generale insofferenza, per la pazienza praticamente sottozero.
Come dicono gli inglesi con quel termine tanto di moda, sono decisamente e pericolosamente sull’orlo del “burn out”… sto per scoppiare (o implodere, chissà).
Sì, lo so che le mie buone e valide attenuanti le ho tutte. Come tutte le mamme, del resto, prima segregate in casa per settimane a gestire l’ingestibile (figli incontenibili + didattica a distanza + magari anche uno smartworking + ansie e paure di tutti) e poi per altri mesi ancora a strettissimo contatto con voi, proseguendo in qualche modo lo smartworking (che poi vorrei sapere chi e perchè l’ha chiamato così – sicuramente non una mamma – che di smart non ha proprio un tubo), e con la scusa che “tanto non vado a lavorare e non ha senso impegnare le nonne” vi ho sorbito da mattina a sera, districandomi tra incessanti litigi, lamentele per noia o al contrario per troppe occupazioni/attività da me proposte, deliri pre-pseudo-adolescenziali, gelosie ossessive e rivalità indomabili.
Però, vabbeh (come dite voi). Ok le scusanti, però ho davvero un pochino esagerato, invocando la scuola ad ogni minimo accenno di attrito, pretesa, lamento, rispostaccia. Eh sì, la scuola. Sparita da mesi dagli orizzonti spazio-temporali, praticamente risucchiata in un buco nero, apparentemente così lontana (almeno ai miei occhi) da sfumare quasi in un dubbio onirico (ma è esistita davvero?): tanto mi ha spiazzato, destabilizzato, turbato la sua improvvisa scomparsa da ogni radar.
E ora che è riapparsa, puntino sparuto dai confini imprecisi, la vedo come meta agognata e quasi misteriosa che suscita un’infinita serie di quesiti, dubbi, perplessità. Perché è tornata, ma diversa, lei ma un’altra. Lo sappiamo noi grandi – noi mamme rappresentanti di classe poi ne abbiamo una consapevolezza pari quasi a quella delle insegnanti -, lo percepite voi, sempre più man mano che si avvicina l’atteso (temuto) inizio. Lo sentite dai discorsi, dalle notizie, un po’ ve l’ho anticipata, velatamente, cercando il giusto equilibrio per prepararvi senza gettarvi altre ansie: sarà una scuola diversa, e tanto, da quella che ricordate. Saranno importanti le regole, quelle nuove, da imparare e seguire fedelmente fin dal primo giorno.

I percorsi, le distanze, la mascherina, le mani da pulire, gli spazi reinventati, le giacche da riporre nello zaino e non più da appendere, la mensa in classe, niente più canti, il cortile a turni e sempre mezzo vuoto. Vi piacerà? Non lo so. “Da che punto guardi il mondo, tutto dipende”, come diceva un bravo cantante scomparso qualche anno fa. Sasha, tu più piccola e allergica al mondo scolastico, non manifesti particolari variazioni nel tuo atteggiamento: livelli di ostilità stabili con picchi dovuti probabilmente all’angoscia-da-ripresa (tipica di ogni settembre, quest’anno accentuata dalla maggior durata della vacanza). Giulia, al contrario entusiasta scolaretta approdata ormai all’ultimo anno della primaria, l’aspetti fremente e incurante delle stringenti norme anti Covid: tu scrolli le spalle, l’importante è ritrovare compagni e maestre (“peccato solo per il diario”, che non si può portare). Zoe, ti affacci alla prima media con la tua insaziabile curiosità, che fortunatamente lo stravolgimento degli scenari non ha minimamente scalfito: c’è da dire che dalla tua hai l’indole pacifica, salda, serena, di chi si lascia scorrere (quasi) tutto con la giusta leggerezza e il sano ottimismo che difficilmente gli eventi esterni riescono a compromettere. Di pasta del tutto diversa sei tu, Vicky. Saranno i 13 anni, sarà soprattutto il carattere decisamente opposto a quello di tua sorella, fatto sta che la ripartenza imminente ti getta in uno sconforto e in un’apprensione inconsolabili. “Non mi piace questa scuola, che schifo stare distanziati dai compagni! In classe coi banchi separati sembrerà di essere sempre in verifica, poi niente libri e usiamo il cellulare, e a ricreazione siccome per mangiare togliamo la mascherina, dovremo stare lontani almeno un metro!”: lo ripeti in loop tra lacrime e singhiozzi di volume e intensità tali e quali a quelli dei tuoi 2 anni, quando ti lasciavo al nido. A nulla (e figuriamoci) valgono le mie rassicurazioni, che anzi come sempre tendono ad infastidirti ed angosciarti ancor di più.
Vero è che poi, con un repentino cambio totale d’umore tipico dei tuoi – sarà anche l’adolescenza, ma te le porti dietro dalla culla queste “lune” inspiegabili – ti presenti con gli occhi rossi di pianto ma anche un cenno di sorriso e mi fai: “Allora mamma, lascerai che mi metta il mascara, vero? Sono in terza media ormai e poi… già ho la mascherina, almeno il trucco dai!”. Come fare a negarti questa concessione? No, neanche la mamma più spregevole. E basta il mio sì a ribaltare il tuo stato d’animo: ritorni in camera a passi di hip-hop mentre io inizio il countdown che porterà inesorabilmente alla tua prossima crisi (eccola: mammaaaaa, ma come, ho letto che dobbiamo usare solo quella chirurgica, che brutta e poi io la volevo abbinare ai vestiti e di azzurro ho solo una t shirt, allora metterò la s stessa maglietta per tutto l’anno!! E poi è pure cambiata la prof di italiano e ne arriva una severissima… nooooo”).
Il mio countdown continua, stavolta diretto come un Frecciarossa verso il 14 settembre. Che vedo delinearsi all’orizzonte come un miraggio. Ma anche, a dirla tutta, come un inizio, un punto di partenza strano, nuovo, sconosciuto.
E in fondo sai Vicky, anche se mi esasperi con le tue lagne infinite, anche se tendo – da mamma senza cuore – a liquidare i tuoi timori con un banale “vedrai che andrà meglio di quel che pensi” (che ti fa imbestialire), in fondo non posso darti tutti i torti. In fondo mi sento strana anche io. E dal cuore di una mamma forse non così spietata come spesso mi reputo, mi viene da dirvi “Buon primo giorno di scuola”. Ma il primo primo, quello di quando un po’ agitata vi ho lasciato in classe, con il vostro sguardo sperduto e intimorito ma senza una lacrima (troppo l’orgoglio, per piangere). Lo sguardo del primo primissimo giorno di scuola che – ora che ci penso quasi mi sorprendo – nonostante le immense differenze nei vostri caratteri, era incredibilmente uguale, identico, lo stesso in ciascuna di voi.

Una mamma