Cervelli in fuga, è un problema in più – di Giorgio Pasetto I giovani italiani, appena possono, partono: e il Covid ha peggiorato la situazione

L’emergenza migratoria non riguarda solo chi arriva, ma anche chi se ne va. I dati parlano chiaro: i giovani italiani, appena possono, partono. Sono moltissimi coloro che, ogni anno lasciano l’Italia per Paesi in cui vedono le proprie competenze più riconosciute. Sono spesso giovani laureati, molti ad alta specializzazione, i protagonisti della cosiddetta fuga di cervelli. Il continuo e silenzioso esodo di giovani qualificati all’estero, affonda le sue radici negli scarsi investimenti per l’istruzione e la ricerca in Italia. L’emergenza Covid-19 sta ulteriormente evidenziando l’importanza di porre al centro del dibattito questo fenomeno, che ha un forte impatto socio-economico su tutto il Paese.
Secondo il rapporto annuale del 2019 sugli Italiani nel mondo curato dalla fondazione Migrantes, in dieci anni il numero di espatri è triplicato, passando da 39 mila nel 2008 a 117 mila nel 2018. Nel solo 2019 hanno registrato la loro residenza fuori dei confini nazionali, per solo espatrio, 130.936 connazionali (+2.353 persone rispetto all’anno precedente).
Attualmente le partenze riguardano soprattutto i giovani: nel 40,6% dei casi riguarda la fascia d’età compresa tra 18 e 24 anni. Una recente ricerca di Harvard mette in guardia sul fatto che questi dati potrebbero in realtà essere sottostimati rispeto quelli reali.
In Italia gli adulti laureati guadagnano in media il 38% in più di coloro che dopo la scuola superiore non hanno proseguito gli studi (la media Ocse è del 55%). Questa situazione può provocare un senso di frustrazione, che porta a cercare nuove destinazioni più gratificanti.
Come ha messo in luce il Sole 24 Ore, la curva delle retribuzioni italiane tende a premiare l’anzianità, raggiungendo il suo picco tra i 55 e i 64 anni, compromettendo conseguentemente il riconoscimento delle competenze dei giovani.
La fuga dei nostri ricercatori all’estero ha comportato un generale impoverimento, non solo da un punto di vista culturale, ma anche economico. Una stima sui costi fiscali dell’emigrazione altamente qualificata è stata effettuata da Rassegna.it. Questa analisi divide il calcolo della spesa in due tipologie: la prima, certa, è relativa alla spesa sostenuta per l’istruzione di chi poi è emi
grato.
La seconda, ipotetica, è invece costituita dalla perdita di gettito da imposte e contributi sociali che i laureati emigrati avrebbero pagato qualora fossero stati occupati in Italia. La ricerca stima che il costo fiscale complessivo sostenuto dall’Italia per gli oltre 32 mila laureati emigrati nel periodo 2010-2014 ammonta a circa 10 miliardi di euro e si attesta sui 14 miliardi nel 2019.
Il doversi spostare si rivela invece spesso essere una scelta obbligata, simbolo della scarsa capacità di un Paese di trattenere i propri giovani.