C’è storia, classe, gusto: è il Vecio Mulin “Pesce, ma non solo. Anche piatti classici, come risotto all’amarone e pastissada...”

“E’ da tanto che lavoro in questo settore, e ho imparato una cosa che è meglio mettere in pratica: io decido di non decidere. Ossia, se sto lì a guardare ogni minimo dettaglio, non mi va bene nulla, quindi me lo faccio andar bene. Tranne con mia moglie, che è il capo”.
Ci accoglie con un sorriso Nicola Marcolongo, titolare dal 2009 della “Trattoria Fluviale Vecio Mulin”, in zona Sottoriva. Un locale la cui conformazione sembra ricordare l’interno di una nave, sarà per la vista che dà proprio sull’Adige e che più romantica non si potrebbe. Lui ristoratore atipico, come ama definirsi, con tre attività in centro da seguire, e lei (Valeria Olocco), a portare quel tocco di eleganza femminile. “Ho iniziato 36 anni fa facendo il cameriere, e poi ho avuto l’occasione di prender il mio primo locale: prima in società e poi ho capito che era meglio andare avanti da solo. Perché ascolto tutti, ma tendenzialmente voglio fare quello che dice la mia testa”.

Nicola, da dove parte la storia di questo posto?
Dagli anni ’60 è sempre stato un locale di pesce, la gestione precedente di Guido Morari è quella che l’ha fatto diventare un ristorante riconosciuto: era anche riuscito ad ottenere la stella Michelin. Tutti qui lo conoscono e tanti clienti vengono per merito suo.
La tua gestione invece com’è?
Io sono più un artigiano, il ristoratore di solito è egocentrico, io no. Guardo cosa fanno gli altri e prendo ispirazione.

Ossia?
Nel senso che l’obbiettivo è quello di far felici le persone, proponendo dei piatti scenici, che abbinati alla bontà dei prodotti, facciano venir voglia di esser ordinati. Tipo quando facevamo le alzatine di pesce, o adesso come serviamo le crudità: se le proponessimo in un piatto normale nessuno le noterebbe.

Il concetto di fluviale, invece, a cosa si riferisce?
E’ un termine che abbiamo aggiunto con la nostra gestione, che rappresenta bene le nostre proposte: seguiamo in pratica il corso dell’Adige, che parte dalle montagne e sfocia nel mare. E così anche noi, siamo all’80% cucina di pesce, ma non mancano i grandi classici come il risotto all’Amarone o la pastissada.

E a Verona si lavora bene?
Iniziamo a riprenderci, ma i turisti ancora latitano, soprattutto perchè Verona non è una città viva: le Opere areniane aiutano, ma mancano proposte che creino indotto e che gli amministratori dovrebbero conoscere.

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Nicola, di cosa si tratta?
Sono degli spaghettoni trafilati al bronzo, cucinati per metà in padella e terminati di cuocere al forno, all’interno di una carta trasparente, appunto la carta fata.
Conditi con?
Un sugo di crostacei e molluschi: calamari, scampi, gamberi, cozze, pomodorini. Serviti dentro un sacchettino che una volta aperto sprigiona tutti i suoi fantastici profumi.
Vino da abbinarci?
Un Soave biologico, cantina Martinelli.
Prezzi?
Antipasti 16, primi 20, secondi 25, dolci 6.

Fabio Ridolfi