«La partita contro il Lecce è un incontro molto delicato per il Verona, ma rappresenta l’opportunità di tornare a fare punti, dopo una prima parte di campionato complicata e inferiore alle aspettative di inizio stagione». Le parole sono quelle di Cesare Prandelli. L’ex ct della Nazionale azzurra, oggi pensionato felice, è anche un doppio ex della sfida avendo allenato in entrambe le piazze. «Il Verona – precisa – dopo le due vittorie iniziali, ha imboccato una piccola crisi di gioco e, soprattutto, di risultati, che lo hanno portato ad avere una posizione di classifica che non lascia tranquilli tifosi e squadra. Marco Baroni, però, è un tecnico di grande esperienza, che ha sempre lavorato bene. Sono convinto che abbia tutte le carte in regola per portare la squadra fuori da questa situazione. Giusto, a mio avviso dargli fiducia». Ma che partita ci possiamo attendere lunedì?. «Come detto – puntualizza – si tratta di un confronto difficile. Il Verona è reduce da sei ko di fila – contando anche la Coppa Italia – e ha assoluta necessità di punti. Il Lecce, invece, arriva al Bentegodi con uno stato d’animo senza dubbio molto diverso. La squadra di D’Aversa, al contrario dei gialloblù, gode di una migliore classifica. I giallorossi hanno dalla loro un vantaggio sul piano psicologico, in quanto possono giocare con la testa “libera”. Il Lecce, inoltre, è una buona squadra, dotata di giocatori in grado di “strappare”. Il Verona, però, per me può farcela». Secondo alcuni il tanto atteso cambio di passo potrebbe arrivare anche dal ritorno al 4-3-3, modulo tanto caro a Baroni, abbandonato fin da subito per il “solito” 3-4-2-1. «Questo modulo – è la sua considerazione – a Verona è diventato oramai tradizione, da tempi di Juric. Quando è arrivato, Baroni si è trovato di fronte a giocatori abituati a un certo tipo di lavoro e a un determinato atteggiamento da mettere in campo. Si è comunque adattato con grande intelligenza alla situazione e piano piano sta cercando di portare avanti il suo pensiero tattico. Il cambio di modulo, comunque, lo può aiutare sviluppare la sua idea di calcio. Sono molto contento per questo». Nella sua carriera di allenatore, Lecce e Verona sono state per Prandelli le prime due esperienze in serie A, con fortune, tuttavia, opposte. «Lecce – ricorda – dopo la parentesi con l’Atalanta, è stata la mia prima avventura in A. Nonostante il risultato finale, è stata per me una stagione straordinaria, soprattutto sotto il profilo umano. La famiglia Semeraro, proprietaria del club, era fatta di persone stupende. Al mio fianco, inoltre, c’era un direttore di grande spessore come Giuseppe Pavone. Purtroppo per me, lui se ne andò dopo due mesi, convinto che io potessi andare avanti da solo. Senza di lui, però, venne meno una gestione competente sotto il profilo sportivo e dopo alcuni mesi mi convinsi a dare le dimissioni. Per quanto riguarda Verona, invece, furono due anni meravigliosi. Una promozione in serie A al termine di una grande stagione e una meritata salvezza conquistata nonostante un avvio non proprio positivo. Mi chiedete se me ne sarei mai andato dall’Hellas? Assolutamente no. Mai. Purtroppo avevo chiesto di non smantellare la squadra ma capisco che il club aveva anche altre esigenze, soprattutto di bilancio, di cui bisognava tener conto». Enrico Brigi