“Dedizione e amore per le uve del territorio, alla ricerca della “spensieratezza di un tempo”. Dove? In Contrada Cerè, una contrada cullata tra le verdi colline della Valpolicella. Un territorio su cui le uve Corvina, Corvinone, Rondinella trovano massima espressione e donano vini in cui struttura e compostezza si sposano con una grande eleganza. Colle Cerè è una piccola cantina sulle colline Negraresi, nel cuore della Valpolicella Classica. Alice Righetti, che ci ha concesso quest’intervista, è la figlia del titolare Cesare, che ha avviato la sua attività nel 1991, proseguendo, a sua volta, il lavoro del padre Antonio.
Quali sono state le tappe principali della storia di Colle Cerè?
All’inizio di questa avventura nasciamo come produttori di Recioto, evolvendoci poi con la produzione dei vini classici della Valpolicella Classica. I vitigni sono a pergola veronese, situati a 260 m sul livello del mare, in una posizione strategica, sia per clima che esposizione tra i monti Lessini e il Lago di Garda. La posizione è strategica, esposizione a ovest totalmente soleggiata.
Quali sono gli elementi che vi caratterizzano?
La nostra cantina si prende cura delle uve dalla crescita fino all’imbottigliamento.
Il nostro approccio con la produzione dei vini è all’insegna della tradizione, ma sempre con amore e passione. Le vinificazioni, quindi, realizzate in modo tradizionale, mettono in evidenza la filosofia aziendale nonché la tradizione dei vini della Valpolicella: struttura e compostezza, ma grande eleganza.
Cosa è possibile trovare nei vostri vini?
I nostri sono vini che rispettano, sì, la tradizione, ma con uno sguardo verso l’innovazione, che offre la possibilità di essere versatili e la piacevolezza di finire il bicchiere.
Qual è il vino maggiormente rappresentativo della vostra azienda?
Il nostro vino che più efficacemente ci rappresenta è il Valpolicella Ripasso Classico Superiore “La Tonega”, un vino mediamente corposo, versatile.
Nasce come Valpolicella base, viene fatto fermentare sulle bucce di Amarone e Recioto, cominciando così una seconda fermentazione. Viene, in seguito, lasciato maturare in botti di rovere.
Di colore intenso, rosso rubino, sensazioni di frutti rossi maturi, seguito da note floreali e spezie un vino fresco, pulito. Prende il nome dalla terra dove la vite è coltivata, una terra scura, molto ricca.
Nel dialetto veneto viene associato alla tunica del prete, volendo creare così una magica connessione, che si sa, il prete, quando celebra messa, beve sempre buon vino.
Progetti per il futuro? Cosa vi augurate?
Ci auguriamo che il futuro sia roseo, in modo da poter continuare a far conoscere i nostri vini anche in altri paesi del mondo e che si possa tornare ad avere la spensieratezza di un tempo.