Terremoto al Catullo. Il cda della Fondazione Cariverona ha deciso di mettere in vendita la sua quota del 3 per cento. Una decisione assunta dopo aver ascoltato la relazione del presidente Alessandro Mazzucco alla luce dei risultati dell’assemblea dei soci dello scalo e dell’elezione del nuovo consiglio di amministrazione ancora presieduto da Paolo Arena di Confcommercio in quota alla Camera di commercio e con amministratore delegato Alessandra Bonetti di Save. Una relazione quella di Mazzucco piena di delusione e rammarico, come anticipato nell’intervista alla Cronaca di Verona di martedì scorso nella quale il presidente aveva spiegato i tentativi messi in atto per cercare di arricchire di competenze il cda della società Catullo al fine di rilanciare lo scalo, per esempio portando in consiglio personalità come Zeno D’Agostini, presidente dell’autorità portuale di Trieste “che avrebbe potuto aiutare il Catullo a crescere grazie ai suoi contatti, alla sua esperienza, alle sue conoscenze”. Perché, è la convinzione del presidente di Cariverona, “un aeroporto che funziona è n grado di trasformare una città e un territorio; io qui venivo da Psdfova per prendere voli che mi portavano a Monaco o a Francoforte e da lì in tutto il mondo. ora devi andare a Venezia o a Bergamo. Ma sono affezionato a questa città e la vorrei vedere risorgere”. Anche perché, aveva sottolineato Mazzucco, “il resto del Veneto sta crescendo in modo coeso, sinergico mentre Verona non sembra interessata a collegarsi con il resto della regione per cogliere queste occasioni di crescita”. Per esempio, è l’osservazione di Cariverona, il Catullo “arriverà alle Olimpiadi del 2026 senza neppure un collegamento con la città, una realtà orrenda”, ma ormai, osservava Mazzucco nel colloquio con la Cronaca di Verona, “non si guarda più oltre il limite della giornata, al domani non ci si pensa”. Una scelta, quella decisa dal cda della Fondazione, presa anche alla luce dei prossimi aumenti di capitale che verranno chiamati per il Catullo che ha bisogno di risorse fresche e si parla di almeno 40 milioni di euro per ogni appuntamento. Restare tra i soci solo per partecipare ad aumenti di capitale senza poter incidere nelle decisioni, nelle scelte, nella governance, non è stato ritenuto utile. E come avvenuto con Cattolica, addio. Reazioni? Marchi è all’estero, Riello è in Camera di commercio ma il suo è solo un No comment. Freddissimo.
Save verso la maggioranza assoluta. Scatta il diritto di prelazione dei soci. Marchi ha già il 43,5%. Giusto o sbagliato lasciare?
Ma che cosa succede adesso che il socio Cariverona ha deciso di abbandonare l’aeroporto? Che cosa comporterà questo abbandono per il sistema Verona? Ha fatto bene o ha fatto male la Fondazione? Partiamo dal dato tecnico. Quando il socio di una società che svolge un pubblico servizio, come in questo caso l’aeroporto, decide di vendere la propria quota azionaria, gli altri soci della compagine possono esercitare il diritto di prelazione. Quindi il 3% della Fondazione potrebbe essere acquistato da Camera di commercio o da Save o da provincia di Trento se interessati, visto che sono i soci con maggiore disponibilità di risorse. Save potrebbe salire dal 43,5 attuale al 48,5% e vedere avvicinarsi la maggioranza assoluta che potrebbe poi facilmente superare con il prossimo aumento di capitale. Una strada che sembra ormai in discesa, da alcuni caldeggiata perché allora forse ci potrebbero essere ulteriori investimenti per sfruttare appieno le potenzialità del Catullo, temuta da altri invece che hanno paura di una marginalizzazione del Catullo se Save avrà pieni poteri. In ogni caso, le quote verranno messe a gara a evidenza pubblica soltanto nel caso in cui, molto remoto, nessuno dei soci esercitasse il diritto di prelazione. Contraccolpi. La decisione di Cariverona per il Catullo ricorda molto l’analoga scelta sempre della Fondazione guidata da Mazzucco di abbandonare Cattolica. Il leit motiv che si ripete è questo: non posso decidere di cambiare il corso della governance? E allora che ci sto a fare, esco dal board e investo le mie risorse in modo più proficuo. Una visione legittima, ma anche molto legata alla redditività degli investimenti. Analogo ragionamento era stato fatto in Fiera dove invece Cariverona è riuscita ad ottenere un cambio di governance e la condivisione di nuovi obiettivi, giusti o sbagliati che siano. La riflessione che circola in città però è se il ruolo della Fondazione si debba limitare a questo o se invece debba andare oltre, restando negli enti economici cittadini per garantirne la tenuta, fare da mediatori, aiutarne crescita e sviluppo. Osservazioni legittime, alle quale da via Forti rispondono che restando prigionieri di logiche partitiche o di schieramenti non si riesce a decollare e che inoltre ci sono molte altre forme di investimento, finanziando bandi e progetti mirati per esempio su innovazione e ricerca, per far crescere un territorio e la sua economia. Non si deve per forza far parte di enti economici nei quali si fa da spettatori. Di sicuro l’abbandono di Cariverona dalla squadra del Catullo è la dimostrazione plastica e conclamata del fallimento del sistema Verona, una città che riesce a fare sistema molto raramente e che quando lo fa spesso ha l’obiettivo di mantenere lo status quo piuttosto che affrontare nuove avventure. La perdita di pezzi pregiati di questo sistema Verona che sta dimagrendo anno dopo anno lo stanno a testimoniare. Che poi la strada indicata da un singolo socio, in questo caso Cariverona sia per il Catullo che per Cattolica, debba per forza essere quella giusta, è tutto da dimostrare. Ma almeno si aprisse una discussione sarebbe già molto: Cattolica è andata e l’aeroporto è in mani veneziane, il risultato è questo. Resta ora da capire se la decisione della Fondazione, che qualcuno magari ha salutato con un brindisi, darà il via ad altri abbandoni, se prevarrà l’ottimismo della volontà o il pessimismo della ragione o un sano realismo.
Quando Marchi voleva comprare quote. “Vorremmo essere coprotagonisti ma ci invogliano ad andar via”. I gioielli persi da Verona
Del resto, basta andare a rileggersi le interviste e le dichiarazioni rilasciate nel 2021, solo due anni fa, dal presidente di Save Enrico Marchi al Corriere di Verona per capire quale sarà il destino dell’aeroporto Catullo. A fronte delle affermazioni con le quali il presidente di Cariverona Alessandro Mazzucco all’epoca dichiarava di voler investire di più nell’aeroporto e di essere pronto a comperare azioni da Marchi, qualora Save volesse vendere, Marchi rispondeva: “Cedere le nostre quote del Catullo a Cariverona? Non ci pensiamo proprio, semmai ne compriamo altre”. Alessandro Mazzucco, presidente di Fondazione Cariverona aveva detto che “se Marchi decidesse di vendere la propria quota, gliela compriamo domani”. E Marchi aveva subito replicato: “Lo considero un grande complimento, e lo ringrazio – dice l’imprenditore veneziano – anche perché ricordo che quando siamo arrivati noi al Catullo, che era in una situazione pre-fallimentare, dovemmo sborsare subito un bel po’ di soldi, mentre Fondazione Cariverona si era ben guardata dal fare altrettanto. Adesso lo scalo è risanato, ha toccato risultati da record nel 2019, è diventato un vero gioiello ed è logico (ma anche troppo comodo) che sia diventato l’oggetto del desiderio di molti. Prendo quindi la frase di Mazzucco come un complimento per quanto abbiamo saputo fare”. In soli due anni le parti si sono invertite: è Cariverona che vende e molto probabilmente sarà Save a comperare, visto che già due anni fa era pronta con il tovagliolo sulle ginocchia. Merito di una logica imprenditoriale chiara e di un management preparato in campo aeroportuale, settore nel quale Verona non ha mai voluto investire risorse umane, con il risultato di dover fatalmente dipendere da altri. Dice Giorgio Pasetto di Più Europa, che chiama la classe dirigente “classe digerente”, che Mazzucco ha fatto bene: “Con la vendita delle quote e con i prossimi aumenti di capitale, Save arriverà al 51% e così l’aeroporto Catullo diventerà di fatto un asset privato. Il permanere di una situazione “ibrida” dal 2014 ad oggi, ha sostanzialmente bloccato lo sviluppo del Catullo, che negli ultimi anni è cresciuto meno di tutti gli altri aeroporti concorrenti”. Pasetto mette in fila tutti i gioielli perduti dalla città nel recente passato: “I rappresentanti delle amministrazioni pubbliche, succedutesi negli anni, non sono stati in grado di portare avanti una strategia lungimirante e condivisa. Verona ha perso, nell’ordine: la Cassa di Risparmio, la Banca Popolare, Cattolica assicurazioni e ora anche l’aeroporto. Qualcuno direbbe: meglio così che il fallimento; io dico invece che le scelte dell’ultimo ventennio non sono state adeguate. Bene ha fatto il prof. Mazzucco a prendere le distanze da questo ultimo atto”. Secondo lo stesso Mazzucco sarebbe un bene, come ha detto nella recente intervista, se Save prendesse il controllo della società aeroportuale Catullo con il 50,1 delle azioni, “hanno dimostrato di saper gestire gli aeroporti, sono preparati e avrebbero un interesse ancora maggiore, andando in maggioranza, per sviluppare il Catullo. In questo modo gli altri soci come Camera di commercio perderebbero importanza”. Ma non dispiace lasciare il board del Catullo? “Noi vorremmo essere coprotagonisti del rilancio dell’aeroporto, conclude Mazzucco, ma ci invogliano ad andare via. E se dobbiamo rimanere solo per garantire la sottoscrizione degli aumenti di capitale hanno sbagliato i loro conti”.