Tre anni di scavi archeologici, 120 mila euro impegnati da parte del Comune, le migliori competenze delle università di Verona e di Mantova, il supporto della Soprintendenza: parte dal 25 settembre l’operazione di riscoperta della chiesa di San Martino in Aquaro i cui resti si trovano all’interno del cortile di Castelvecchio. Operazione illustrata questa mattina dall’assessora alla Cultura Marta Ugolini insieme ai due curatori del progetto, Luca Fabbri – Curatore delle collezioni di arte medievale e moderna dei Musei Civici e Fabio Saggioro – Professore di Archeologia Medievale all’Università. Presenti Francesca Rossi direttrice dei musei civici, per la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio Brunella Bruno, il Direttore Dipartimento Culture e Civiltà Università Arnaldo Soldani, il Docente al Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni Politecnico di Milano Filippo Bricolo.
L’edificio religioso, attestato già tra VIII e IX secolo proseguì la sua funzione dopo essere stato inglobato all’interno del recinto difensivo scaligero, trasformandosi in cappella castrense ma questo non lo mise al riparo dalla furia devastatrice di Napoleone, distruzione poi completata con l’ammodernamento del complesso dei primi anni dell’Ottocento. Un obiettivo della ricerca, come ha spiegato Francesca Rossi, sarà anche quello di approfondire la conoscenza del contesto urbano nel quale l’edificio insisteva, mettendo in relazione le nuove acquisizioni di scavo con i ritrovamenti di età romana, altomedievale e scaligera venuti alla luce nella zona.
L’aspetto interessante è che il sito venne già superficialmente indagato negli anni Sessanta da Carlo Scarpa e Licisco Magagnato quando una campagna d scavo rintracciò parte del perimetro dell’edificio, nel quale erano reimpiegati numerosi elementi di età romana ancora in situ.
Nonostante Carlo Scarpa avesse cominciato a ragionare sulla valorizzazione dei resti archeologici, questi vennero per la maggior parte interrati e l’area rimase di fatto uno spazio non del tutto risolto all’interno del cortile elaborato dall’architetto veneziano.
E della chiesa a croce latina, con il lato più lungo parallelo al muro di cortina, rimane visibile parte dei resti dell’abside.
Il nuovo progetto è quindi ora l’occasione per tornare a indagare, con metodologie più moderne che testimoniano la volontà del museo di Castelvecchio di fare anche studio e ricerca, quest’area con analisi non invasive per poi procedere alla campagna di scavo che sarà condotta con il coinvolgimento di studenti, dottorandi e docenti dell’Università di Verona.
In occasione dello scavo il Comune offrirà visite guidate gratuite alle scuole per la durata di un’ora; alla cittadinanza e a tutti i visitatori del museo sarà offerta l’occasione di un’esperienza a cantiere aperto.
“Ci aspettiamo di trovare molto, sicuramente tutte le fondamenta”, confida la direttrice Francesca Rossi.