Raffaele Tomelleri
Non c’è bisogno di strofinarla, la lampada. Il Genio c’è sempre. Non cambia mai, Genio Fascetti. “Non son cambiato in 82 anni, vuoi che cambi ora?”.
Sorride. Guarda il calcio da lontano e, dice, “…non mi diverto molto”. Perchè, gira e gira, “…puoi aggredire lo spazio finchè vuoi, ma se non hai giocatori forti, non vinci le partite”. Ce l’ha (un po’) con chi parla “senza farsi capire. Mi spieghi cosa vuol dire “aggredire gli spazi”? Ascolti certe cronache e ti chiedi, “ma che sport è mai questo?” Adesso parlano di ripartenze e di esterni bassi o alti, ma il calcio è sempre quello di prima. Io credo che col mio “casino organizzato” farei successo anche oggi”.
Ripensa volentieri a Verona, “a quel Verona”. “Un gruppo di matti simpatici, che fecero un’impresa incredibile. Non c’era società, non si sapeva neanche, a volte, se il pullman ci avrebbe portato, visto che non c’era chi pagava. Eppure andammo in A. Bellissimo”.
Meno bello l’anno dopo, “…ma se avessi avuto un centravanti vero, al posto di Raducioiu…”. Ricorda con affetto “…la famiglia Mazzi, i dirigenti di allora, anche se quando ci penso, forse, non avrebbero dovuto esonerarmi. Non eravamo messi malissimo, con me ci si poteva ancora salvare”.
In quel Verona “c’era il giocatore più forte che ho allenato. Dragan Stojkovic, sì, più forte anche di Cassano. Peccato che fosse reduce da un infortunio e che avesse una gamba più piccola dell’altra. Ma quando giocava, vinceva da solo certe partite. Come quella con l’Inter. Un fenomeno”.
Di fenomeni ne ha visti tanti, “con uno ci ho pure giocato, Omar Sivori. E non ditemi che i giocatori sono tutti uguali, dai, i grandi sono diversi. Vi racconto questa: una sera, siamo in ritiro, Sivori ordina pesce fritto. Il mister chiude un occhio. Il giorno dopo, Sivori fa tre gol e buonasera”. E Fascetti giocatore, com’era? “Se mi girava, giocavamo in dodici. Ma se non mi girava, giocavamo in dieci…”. Arrivederci.