L’emergenza casa a Verona è una realtà e fin qui non si discute. Su come preparare un piano casa, da chi farlo finanziare e dove trovare gli immobili questo è compito della politica, degli enti che si occupano alloggi popolari e delle istituzioni finanziarie alle quali va chiesto supporto. Il tema è stato al centro, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, di un convegno promosso dal pd al quale è intervenuta l’assessora e vicesindaca Barbara Bissoli che ha anticipato la volontà di mettere sul mercato 5.500 alloggi per aiutare studenti, giovani coppie, persone fragili e a basso reddito a trovare un alloggio. Anche perché il mercato dell’affitto, in una città ormai invasa dai B&B e dagli affittacamere, praticamente non esiste più. Un tema che si presta a moltissime riflessioni e una in particolare arriva da Giorgio Massignan, architetto ex assessore all’urbanistica, coordinatore dell’osservatorio Veronapolis. “Si tratta di un’ottima idea, ma non posso evitare di chiedermi dove e come l’assessora troverà tutte le migliaia di appartamenti promessi. Non sono state mappate e analizzate, in previsione di un uso abitativo con relativa riconversione fisica e funzionale, le caserme e gli altri contenitori dismessi. Non si è neppure intervenuti per trovare il modo di utilizzare, almeno in parte, i 17.000 appartamenti vuoti, tra cui molti di proprietà di enti pubblici preposti ad intervenire sull’emergenza casa”. Emergenza casa per la quale ha lanciato un allarme di recenti anche la Cisl che ha parlato di 92mila appartamenti sfitti privati nel Veronese e ha lanciato una proposta per interventi strutturali, “di fronte a un mercato bloccato da un’offerta che propone canoni di affitto troppo elevati”. Da qui la necessità, diceva la Cisl , di “attivare un Tavolo specifico di confronto sull’insieme delle politiche abitative”. La situazione è davvero difficile: “Il costo degli affitti costituisce sempre più un fattore determinante di impoverimento ed esclusione sociale. Il mancato ampliamento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e il recupero di quello sfitto da riassegnare, indispensabile per ammortizzare la crescente domanda di abitazioni per i ceti più poveri, ha peggiorato ancora di più la situazione. L’attuale contesto è aggravato dai numerosi sfratti programmati o in esecuzione, di cui molti per morosità incolpevole, che interessano i soggetti più fragili della popolazione. L’incremento del lavoro povero e precario, il forte aumento dei prezzi e tariffe, l’inflazione ancora molto alta, stanno riducendo il reddito ed erodendo il potere d’acquisto di tanti nuclei familiari che non sono più in grado di sostenere le spese relative a canoni di affitto, bollette, spese condominiali, tanto meno di poter accedere al mercato privato della casa”, spiega il sindacato in questa fotografia della realtà.
La Cisl chiede un tavolo di confronto. Nel veronese ci sono 92mila appartamenti sfitti privati. La situazione delle ex caserme
Per questo Massignan torna a battere sulla sistemazione degli appartamenti vuoti, inagibili, che potrebbero essere resi nuovamente abitabili con interventi finanziariamente sostenibili. O è meglio costruire ex novo? “Dovrebbero essere questi i primi da recuperare per adeguarli alle normative vigenti e/o ristrutturarli perché in condizioni staticamente insicure. Ma temo che, come è accaduto nel passato, sarà scelto il metodo più facile e veloce, anche se sbagliato, ricavando buona parte degli alloggi lottizzando la campagna, con relativa espansione della città e consumo di altro suolo agricolo. Ritengo che, invece, sarebbe corretto e in linea con i programmi amministrativi, non consumare altro suolo e rigenerare i vecchi edifici inutilizzati e le tante aree industriali dismesse. Capisco che risulta economicamente più vantaggioso e semplice costruire il nuovo rispetto al restauro o alla ristrutturazione, ma il costo complessivo da pagare per l’impatto ambientale e paesaggistico, per la salute della collettività e per l’abbassamento della qualità urbana, è certamente più oneroso”. Spiega Massignan che dei circa 17.000 appartamenti sfitti, solo una minima parte di questi sono sottoposti a vincoli storici-monumentali che impediscono una veloce e corretta ristrutturazione idonea alle necessità contemporanee. La loro rigenerazione dovrebbe essere la strada da percorrere e non quella di nuove lottizzazioni. All’estero e anche in Italia, ci sono esempi di recupero abitativo nei centri storici con risultati eccellenti. Ricordo che, a Mantova sono stati utilizzati i fondi europei del Pnrr, per recuperare delle vecchie dimore nel centro storico da adibire ai ceti meno abbienti e per bloccarne l’esodo”. “Personalmente -prosegue il coordinatore di Verona Polis -, dalla fine degli anni 80 sostengo l’esigenza di una trattativa con il demanio militare per trasformare le caserme centrali in residenze di edilizia economico-popolare e per ospitare gli studenti e le categorie più fragili. Ma, per pianificare correttamente il territorio, è necessario avere una chiara idea di città e delle fasi temporali ed economiche ben definite per realizzarla, altrimenti si rischia di optare per scelte disorganiche, finalizzate solo a sé stesse”.
Bissoli nel mirino per il doppio ruolo. Neoassessore al Patrimonio e consulente di Cariverona, Bisinella: «Conflitto interessi»
Ma per paradosso ora si sta verificando un corto circuito in città proprio per predisporre uno studentato recuperando una vecchia caserma. E’ il caso della ex Principe Eugenio a Veronetta che Fondazione Cariverona con fondi Pnrr vuole destinare a studentato. E’ necessario però sfrattare la sede del Cai, la sede della Fevoss e gli alloggi della Pia Opera Ciccarelli. Una scelta che sta sollevando forte dibattito in città. Per esempio dalla Sinistra Italiana che in Comune esprime l’assessore Michele Bertucco e la capogruppo Jessica Cugini arriva una nota di “contrarietà e preoccupazione” di fronte “allla decisione di Fondazione Cariverona di voler sfrattare l’importante realtà associativa della Fevoss e del Cai dalla sede di piazza Santa Toscana, per trasformare l’ex caserma in studentato. La Fondazione, proprietaria di diversi immobili in città, potrebbe trasferire tale progetto, che condividiamo, in altri luoghi che di certo non le mancano”. La notizia era già nota dall’agosto 2023 “quel che pensavamo essere un iter fermo, alla luce delle trattative portate avanti dallo stesso Comune e della raccolta firme della cittadinanza che chiedeva che questa realtà rimanesse dove è dagli anni ’90, cioè Veronetta, è improvvisamente arrivato al termine più nefasto. Per il volere di una Fondazione che vanta, per statuto, una finalità sociale”. E Jessica Cugini aggiunge: “Alla luce di quanto si legge nello statuto della Fondazione ci chiediamo se lo sfratto, a una realtà radicata sul territorio come Fevoss, risponda alla declinazione statutaria di una Fondazione che nasce dai risparmi delle cittadine e cittadini veronesi”. “E ci chiediamo – conclude Perini – se questo è il primo passo per poi farlo diventare un hotel a cinque stelle. Il dubbio è legittimo, perché si tratta di un processo oramai noto, che viene da lontano, già purtroppo visto negli anni passati”. Duro anche l’intervento di Patrizia Bisinella, capogruppo di Fare in Consiglio comunale che attacca la vicesindaca Bissoli: “Ecco svelato il perché del passaggio di deleghe. La vicesindaca Bissoli infatti, il cui conflitto di interessi nel suo doppio ruolo in Fondazione e in Comune risulta sempre più evidente, non appena ha ricevuto la delega al Patrimonio non ha perso occasione per accordarsi con le richieste di Fondazione, che da anni vorrebbe sfrattare le associazioni per un ben più redditizio studentato, non ponendo alcuna attenzione a realtà come Fevoss, che da sempre rappresenta a Verona simbolo di impegno e solidarietà, soprattutto in un quartiere molto problematico, come quello intorno a Porta Vescovo e Piazza Santa Toscana. La responsabilità non è della Fondazione, che come proprietaria dell’immobile può fare le proprie valutazioni, ma dell’Amministrazione Comunale, che avrebbe dovuto, come da mozione presentata da noi e approvata all’unanimità dal Consiglio Comunale, attivarsi per trovare altre soluzioni e alternative spendibili sia per lo studentato che di gradimento alle associazioni sotto sfratto oppure, ancora meglio, individuare strutture più idonee in disponibilità del Comune da assegnare agli studenti”. mb