Case di riposo, si cura solo chi ha soldi Un’emergenza cronica che rende tutti scontenti: lavoratori, familiari e cittadini

Le case di riposo vivono un’emergenza cronica che rende tutti scontenti: lavoratori, familiari, cittadini. È l’allarme che lancia Cisl Funzione pubblica Verona davanti al primo evidente sintomo di un patto sociale che si sgretola in favore dell’economia di mercato: si cura solo chi ha i soldi. I dati. Attorno alla settantina di case di riposo veronesi – tra la ventina di pubbliche e le restanti private accreditate – ruotano 6.450 lavoratori: 980 infermieri, 4.800 oss e altro personale tecnico e amministrativo. Su un totale di circa 5.500 posti sono 4.800 quelli occupati, con una lista d’attesa di 1.600 persone. Ma a Verona, tra città e provincia, sono oltre 60mila gli anziani non autosufficienti, il 28,4 per cento dei quali sono over 65. La situazione. “Le lavoratrici e i lavoratori, le famiglie, i cittadini veronesi – dice Giovanni Zanini, Segretario generale Cisl Funzione pubblica Verona – sono stanchi di sentirsi dire che le cose miglioreranno e che per loro ci sarà più attenzione, maggiore riconoscimento, un ascolto attento dei propri bisogni. La verità – continua – è che i datori di lavoro tardano a sottoscrivere i Contratti collettivi nazionali ormai già scaduti da tempo, addossando per questo la colpa allo Stato o alle regioni per il mancato contributo in termini di risorse economiche. Il personale – aggiunge – accumula da tempo stress e insoddisfazione causati da carichi di lavoro sempre più estenuanti, da malattie professionali crescenti, dall’impossibilità di conciliare lavoro e vita familiare. Lavoratrici e lavoratori che per liberarsi da questo, non più velato, “sfruttamento”, letteralmente “fuggono” dal lavoro, generando un turnover incontenibile che non consente alcun passaggio delle competenze. Se a ciò aggiungiamo il progetto di arruolamento di personale che arriva da altre nazioni, con tutte le difficoltà linguistiche, immaginare lo scenario non è difficile”. Critiche alla Regione “che tarda ad approvare una riforma delle Ipab da oltre 20 anni. In questo quadro preoccupante, ancor più se collocato nell’attuale prospettiva demografica della società scaligera, osserviamo una domiciliarità che funziona a singhiozzo per quegli oltre 1.700 gli anziani che sono gestiti a domicilio dalle famiglie, dal “badantato” (spesso pagato in “nero”), da professionisti che dopo il pensionamento continuano ad “esercitare” raggirando fisco e regole deontologiche”. Secondo la Cisl non mancano poi gli Enti locali che con gare d’appalto e capitolati scritti frettolosamente, più pensati per fare economia di mercato che per gestire funzionali e decorosi servizi alla persona (e per persona parliamo di soggetti ad elevata fragilità), sono sovente costretti a ridiscutere quanto sottoscritto con una galassia di cooperative ed entità, quando non doversi occupare del ricollocamento di lavoratrici e lavoratori messi a rischio da insolvenze o addirittura da liquidazione fiduciaria per il fallimento di tali soggetti vincitori di appalti “al ribasso”. “Quanto narrato – conclude Zanini – è lo scenario che come Cisl Fp Verona viviamo quotidianamente circa il tema delle Case di Riposo, scenario a cui potremmo aggiungere ancora la riforma dei Medici di Medicina Generale, le Medicine di gruppo integrate, case della comunità, liste d’attesa, aggressioni al personale socio sanitario, lo sviluppo della territorialità, gli ATS ambiti territoriali sociali che attendiamo dalla applicazione vari decreti. Un futuro purtroppo che vediamo spostato su logiche di mercato, dove il diritto universale alla cura sarà dettato dalla disponibilità economica dell’individuo, sostituendo il denaro a un vero patto sociale che dovrebbe porre al centro la persona e la qualità dei servizi”.