“La richiesta di aiuto delle case di riposo va ascoltata, ma la soluzione non è equiparare Oss e infermieri come ha voluto fare la Regione. Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha infatti ribadito che ‘l’operatore socio- sanitario non è ascrivibile al novero delle professioni sanitarie’, la delibera della Giunta, impugnata da Fnopi (Federazione nazionale operatori professioni infermieristiche) è perciò a rischio illegittimità. Siamo poi sicuri che la formazione a distanza, necessaria per l’equiparazione, possa sostituire tre anni di studi universitari e garantire ai pazienti la miglior assistenza? Non è la strada giusta per risolvere un problema serio e urgente”.
A ribadirlo è Anna Maria Bigon, esponente PD e vicepresidente della commissione Sanità in Consiglio regionale, riprendendo l’allarme lanciato da Uneba Veneto che ha parlato senza mezzi di termini del pericolo chiusura per mancanza di infermieri, circa il 30% del fabbisogno, per molte strutture.
“Anziché cercare soluzioni fantasiose, la Regione fornisca infermieri assunti nel pubblico alle case di riposo e ai centri servizi che ne fanno richiesta, stipulando una convenzione. Questo era stato detto anche al momento del concorso nel novembre 2020, dove avevamo già denunciato che i posti disponibili erano troppo pochi: appena 190 a fronte di oltre 5200 persone ammesse in graduatoria. Le risposte ai bisogni devono essere legittime, altrimenti si peggiora la situazione perché viene perso altro tempo. E a proposito di tempo perso – l’esortazione conclusiva della consigliera Bigon – si faccia finalmente la riforma delle Ipab per permettere a queste strutture di essere competitive e poter offrire condizioni di lavoro migliori, così da arginare la fuga verso gli ospedali che sta aggravando l’emergenza”.