Caro Direttore,
mi consenta di aggiungere un tassello al “caso” Cariverona. La lettera della delegazione Verona della Fondazione Marisa Bellisario ha già espresso la nostra posizione sul merito. Aggiungo che già nel 2015 uno “storico” Protocollo d’intesa firmato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, e dal Presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti dava il via a un processo di autoriforma delle Fondazioni di origine bancaria, disciplinandone anche la governance.
“Gli statuti assicurano la presenza negli organi del genere meno rappresentato” vi si legge.
Il vulnus, certamente è stato non indicare una quota e lasciare all’arbitrio delle fondazioni la percentuale di presenza femminile.
Con risultati in qualche caso virtuosi – uno su tutti, la Fondazione Compagnia Sanpaolo, un comitato di gestione presieduto da una donna, e 8 donne su 16 membri del Consiglio Generale.
Non è il caso di Cariverona, che nella passata consiliatura contava 6 donne su 34 membri tra Consiglio, CdA e Collegio sindacale e che per i prossimi 4 anni ne avrà appena 4.
I numeri contano.
Venendo ai motivi di un tale e pervicace anacronismo, non trovo molte spiegazioni plausibili se non quella di una lobby maschile che non intende cedere il passo. E mi fa altresì infuriare, questo il
motivo di un’ulteriore replica, qualsiasi argomentazione relativa al merito!
Come sa, sono la “madrina” delle quote di genere (e non rosa!). La legge che le ha imposte per la prima volta in Italia porta il mio nome e continuo a esserne fiera. I risultati parlano da soli: le donne oggi sono il 43% dei membri dei CdA e Banca d’Italia stimava che avremmo impiegato 50 anni a raggiungere il 30%.
Oggi tutti plaudono a quella norma e alle quote, soprattutto le aziende che le hanno “dovute” introdurre e che oggi spesso vanno oltre l’obbligo normativo, cooptando un numero
maggiore di donne. Fanno eccezione pochi irriducibili nostalgici che continuano a issare il vessillo del merito.
Un’argomentazione che ancora, dopo 15 anni dall’inizio di quella battaglia non smette di stupirmi ed esasperarmi. Ma è possibile che in un territorio come il Veneto i professionisti competenti e capaci siano solo uomini?
O forse tutte le aziende, fondazioni, istituti e istituzioni che hanno giustamente inserito nei loro organi tante donne, hanno pescato tra incapaci e inette? Il merito, le competenze sono solo maschili? Siamo oramai la maggioranza dei laureati, stiamo operando il sorpasso in tante professioni eppure
continuiamo a non “meritarci” ruoli di vertice.
Un ragionamento a mio avviso imbarazzante che non rende, questa volta sì, merito all’intelligenza di chi lo usa. Senza le quote, le donne brillanti e talentuose che ora siedono nei CdA italiani sarebbero in panchina, lì a sprecare competenze ed esperienze preziose per l’economia italiana. Chi viene scelto per un ruolo di vertice dopo anni di studi ed esperienze qualificanti non si sentirà svilita ma ricompensata, anche se “imposta” da una quota. Perché senza quell’obbligo – normativo o reputazionale – è molto probabile che la mera appartenenza a un genere la terrà in un angolo, impunemente e ingiustamente.
Smettiamola di giustificare con argomenti pretestuosi una difesa di casta che non nuoce solo a un genere ma alla crescita di un territorio.
Lella Golfo
Presidente Fondazione Marisa Bellisario
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Abbiamo oggi una donna alla Presidenza del Consiglio, una donna leader dell’opposizione, donne ai vertici della commissione Ue e della Banca centrale europea: è avvilente dover ancora giustificare la necessità della parità di genere come se parlassimo di figlie di un dio minore. Chi deve mettere mano allo statuto della Fondazione Cariverona, prenda nota e agisca rapidamente e bene.