In relazione al problema della carenza di medici di base, la presidente della Seconda Circoscrizione di Verona Elisa Dalle Pezze interviene per segnalarne l’insorgenza anche nel suo territorio: “Tali disagi per la popolazione, specie quella anziana, sono ben presenti anche nel capoluogo. Non sono più problematiche confinate soltanto alle zone montane o decentrate. Dopo il pensionamento dei medici con ambulatorio a Quinzano, con la fine dell’anno non sarà più presente il medico di base a Parona e tra qualche anno stessa sorte toccherà anche ad Avesa”. Dalle Pezze riferisce che “molti anziani telefonano in Circoscrizione manifestando grande preoccupazione, perché oltre alla perdita o la riduzione di un servizio, c’è anche il venir meno di importanti punti di riferimento di carattere sociale”. Per la consigliera regionale Anna Maria Bigon bisogna evitare che questa crisi si avviti su se stessa: “Stiamo pagando anni di mancata programmazione e una difficoltà ad attivare nuove medicine di gruppo per la burocrazia e le regole imposte dalla Regione e dall’ULSS. L’unica soluzione praticabile nel breve periodo consiste nel promuovere le aggregazioni e l’integrazione dei medici di base ma per far questo occorre dotare gli studi medicina di base di supporto infermieristico e amministrativo”
Verona è maglia nera nel Veneto per zone scoperte da medico di base (ben 142 su 586 pari al 24,2%) e conta migliaia di cittadini, spesso anziani, di fatto privi di assistenza sanitaria di base e medici di famiglia oberati di lavoro.
Bigon ha spiegato che moltissimi medici sono sulla soglia del pensionamento: circa il 17,4% (100 su 575) andrà in pensione entro il 2023; e più della metà (il 61,2%) entro il 2035.
Uno scenario preoccupante tenendo conto delle difficoltà a garantire il turn over e che la quota di utenza over 65enne, tradizionalmente bisognosa di maggiori cure, è destinata a crescere del 40% nei prossimi vent’anni per via del ben noto fenomeno dell’invecchiamento della popolazione.
Bigon ha quindi sottolineato che la radice di tali disagi è comune a tutto il Veneto e risiede nel numero inadeguato di borse di formazione per medici di medicina generale, un ambito nel quale il Veneto è fanalino di coda in Italia (0,17 borse per 1000 abitanti contro lo 0,25 per mille della Toscana e del Piemonte, lo 0,20 dell’Emilia Romagna e lo 0,30 dell’Umbria). Basti pensare che con mezzo milioni di abitanti in meno, tra il 2014 e il 2021 Piemonte ed Emilia Romagna hanno messo a bando rispettivamente 1.082 e 903 borse di formazione contro le 800 del Veneto.
All’incontro sono intervenuti sindacati dei medici e associazioni del territorio, a partire dal presidente del Sindacato dei medici di famiglia Fimmg Verona Giulio Rigon, la presidente dell’associazione Diana per la tutela dei diritti delle persone non autosufficienti Donatella Oliosi, il rappresentante della federazione per il superamento dell’handicap Fish Veneto Flavio Savoldi, la referente per i familiari e i genitori dei disabili del Distretto 4 Maria Luisa Danese, la referente del Comitato per la salute mentale di Verona Cristina Ceriani. Le associazioni hanno dialogato con la consigliera regionale e i segretari provinciale e cittadino Pd Verona Maurizio Facincani e Emanuele Amaini.