C’era una volta l’autonomia, un sogno chiamato “giustizia”. Il principio era il seguente: le Regioni virtuose, quelle che anziché sperperare i soldi dei concittadini li avevano investiti in opere e servizi utili alla comunità, potevano ottenere dal governo centrale la gestione diretta di alcune materie, dall’ambiente alla sanità, dalla scuola al lavoro. Veneto e Lombardia ne avevano chieste 23. L’Emilia Romagna 15. Lo stesso sogno prevedeva che non spettasse più ai governatori del Nord ripianare le voragini aperte al Sud dagli omologhi spreconi e incapaci se non di provvedere ai propri interessi, a quelli degli amici e degli amici degli amici. Sarebbe falso dire che questo piccolo Eden era vicino, la componente grillina del precedente governo avversava in ogni modo la storica riforma che avrebbe portato il marchio indelebile del presidente leghista Luca Zaia. Noi stessi abbiamo scritto più volte che l’autonomia era ancora una sorta di chimera E però, sulla spinta del referendum che il 22 ottobre 2017 aveva portato più di 5 milioni tra veneti e lombardi a votare “sì”, qualcosa prima o poi probabilmente il Settentrione avrebbe portato a casa. Ora, invece, all’autonomia possiamo dire addio. Il governo giallorosso non la concederà mai. Gli amministratori scialacquatori continueranno a dilapidare denari pubblici. I contribuenti del settentrione seguiteranno a foraggiare la Bassa Italia. Ci ha pensato il neo ministro Dem agli Affari Regionali e alle Autonomie, Boccia, a mettere le cose in chiaro, non che ce ne fosse bisogno: «Questo governo può pacificare il Paese (a quale guerra si riferisce? ndr). Si deve ripartire dalla convinzione che il Nord ha bisogno di un Sud forte e il Sud ha bisogno di un Nord che si senta anche Sud». Bravo chi lo capisce! «Viviamo in un Paese che ha bisogno che tutti prendano per mano le disuguaglianze» ha aggiunto Boccia. «Dobbiamo colmarle». Non ridurle: colmarle. Evviva la discontinuità del Conte-bis! Tutto cambi affinché nulla cambi! Zaia, ospite di Radio24, è andato giù diretto: «Sulle autonomie i governi non hanno scritto una riga, c’è solo il progetto delle Regioni. Mi riferisco anche ai 14 mesi del governo che è appena uscito di scena, al nuovo governo il cui inizio non è dei migliori rispetto al rapporto sulle autonomie e in riferimento anche al governo Renzi, che ci ha mandato in Corte Costituzionale».
Riguardo alla crisi dell’esecutivo gialloverde, per Zaia Salvini «ha fatto bene a staccare la spina, eravamo perseguitati dai cittadini che ce lo chiedevano». E sulla protesta di lunedì prossimo della Lega il presidente veneto ha affermato che «sarà pacifica». «Il nuovo governo non è composto dai marziani, ma da quelli che gli italiani hanno bocciato su tutta la linea il 4 marzo 2018, non c’è nulla di nuovo sotto il sole». Significato anche il commento del collega lombardo del Carroccio Attilio Fontana: «Sto ancora aspettando che Conte onori il suo impegno. A febbraio mi aveva assicurato che in tempi brevissimi sarebbe arrivato l’ok. Anche un rappresentante del centrosinistra, il sindaco di Milano Sala, ha mosso delle obiezioni perché di questo esecutivo fanno parte alcune persone che si sono spese nella guerra Nord contro Sud, una guerra che come sostengo da tempo credo sia la cosa più deleteria da innescare. È difficile ottenere l’autonomia quando ci sono ministri che si sono sempre proclamati contrari, ma non molleremo di un millimetro». Lombardia e Veneto, almeno fino a quando non si insedierà un governo diverso, continueranno a sborsare complessivamente una settantina di miliardi di residuo fiscale all’anno a vantaggio dei soliti noti. C’era un sogno chiamato autonomia. Il primo Consiglio dei ministri ha impugnato la legge regione del Friuli Venezia Giulia in materia di immigrazione. «È un attacco feroce all’autonomia» ha tuonato il governatore leghista Massimiliano Fedriga. Purtroppo siamo solo all’inizio. L’omologo campano del Pd Vincenzo De Luca non ha perso tempo per invocare un grande piano per il Sud. Come se non fosse mai stato attuato negli ultimi settant’anni. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.