Cantina Vietti, c’è sapore di Langhe Su un cartoncino: “Ceci n’est pas une bouteille”. “Questa non è una bottiglia” E’ di più...

Il viaggio a Vinitaly prosegue, nel corso di una giornata di pieno sole. Il programma di oggi prevede una “passeggiata” tra le Langhe, proseguendo verso la Toscana, alla ricerca di vini rossi importanti, per poi risalire in quella terra compresa tra Brescia e il lago d’Iseo che prende il nome di Franciacorta. Dopo oggi, l’asticella è ancora più alta, chissà cosa ci riserverà la giornata di domani.

VIETTI
Immaginatevi di avere a disposizione un intero padiglione di stand di cantine piemontesi e di dover scegliere in quale cantina degustare i vini delle Langhe. La scelta è ampissima, ovviamente. Quali variabili considerare? Non ci siamo limitati alla storicità e al prestigio dell’azienda, alla cura e originalità delle etichette, alla riconosciuta qualità dei vini prodotti, ma abbiamo contemplato anche altri fattori: abbiamo prestato attenzione agli stand più suggestivi e alla cordialità del personale dello stand.
Si è collocato in questo perfetto mix, risultandone la combinazione di fattori perfetta l’Azienda Vietti. La famiglia Vietti produce vini in Castiglione Falletto, piccolo paese medievale situato al centro di una delle zone più felici delle Langhe. L’Azienda è stata fondata alla fine del 1800 da Carlo Vietti. Da allora, quattro generazioni si sono dedicate all’azienda. Le eleganti etichette sono state ideate negli anni ’60, eppure appaiono fresche e attuali. “Ceci n’est pas une bouteille- Questa non è una bottiglia”, ci avvisano, in uno dei cartoncini che illustrano i vini in degustazione. Trevigne, Perbacco e Castiglione. Ecco i tre vini degustati. Nell’ordine: Barbera d’Alba, Nebbiolo e Barolo. Sapevamo di andare sul sicuro, ma la cordiale accoglienza ricevuta ha fatto il resto.
Il Barbera d’Alba 2020, da uve provenienti da vigneti siti in Castiglione Falletto, Barolo e Monforte d’Alba subisce un invecchiamento Misto tra botti, barriques e acciaio per un circa un anno.
Langhe Nebbiolo Perbacco 2019, da uve provengono da diversi vigneti di Nebbiolo da Barolo e Nebbiolo da Barbaresco. Così ci viene descritto:
“Fruttato con sentori di menta, spezie e caramella. Tannini rotondi ed eleganti si aggiungono ad un finale lungo e raffinato. Robusto, intenso, potente in gioventù; complesso, elegante con invecchiamento”. L’elegante etichetta raffigura un tarassaco.
Ed ecco, infine, il re: Barolo DOCG Castiglione 2018, da “uve provenienti da piccoli ma importantissimi vigneti sparsi nei diversi comuni della zona del Barolo, con età delle viti tra i 10 ed i 45 anni”. Circa 30 mesi di invecchiamento in botte grande e in piccola parte barriques. Tutti i cru vengono vinificati singolarmente e poi assemblati prima dell’imbottigliamento.
“Colore rosso rubino di media intensità, al naso è esplosivo, opulento, suadente ed immediato. Si percepiscono sentori di prugna, ciliegia rossa e nera matura, mora, amarena, petalo di rosa, tabacco. Al palato è classico, ricco, potente, con note di erbe alpine e un finale di cuoio. Il tannino è già ben integrato”. Il giusto epilogo per questa splendida degustazione. È vero, non è una bottiglia, è molto di più.

.LA TOGATA
Ci spostiamo nel padiglione 9, la Toscana, e a colpirci è lo stand che ricorda un edificio circolare, una sorta di Arena, nonché una scritta bianca, su sfondo blu: “Brunello di Montalcino”. Ad accoglierci troviamo una ragazza molto cordiale, che ci offre la possibilità di degustare una selezione molto interessante di Brunello di Montalcino, raccontandoci l’azienda La Togata e i vini con freschezza, passione e competenza.
La Togata è una piccola azienda a conduzione familiare con vigneti nella zona sud del Comune di Montalcino e cantine nella zona di S. Angelo in Colle. La Togata è di proprietà della famiglia Angel.
Di questa interessante degustazione, il vino che più ci ha colpito è l’Azzurreta. Un vino che ha una produzione annua di 3.000 bottiglie. Le uve impiegate sono Sangiovese, Syrah, Merlot. Mentre stiamo degustando si ferma una persona, che nel corso della mattinata aveva assaggiato proprio questo vino e afferma “non ho assaggiato nulla all’altezza di questo vino oggi”.

BOSCARELLI
A questo punto, l’intenzione è quella di proseguire con un’altra cantina toscana all’altezza di quanto appena assaggiato. Un incontro fortuito ci indirizza verso la nuova cantina: “andate da Boscarelli”, ci suggeriscono con convinzione. Casualmente si trova a pochi stand di distanza. Marta, moglie di Luca de Ferrari, uno dei componenti della famiglia fondatrice, ci accompagna in una degustazione dei vini che meglio raccontano l’azienda. “Siamo genovesi, profondamente legati alle radici della famiglia, e determinati”. Boscarelli è una piccola azienda a Montepulciano dove una famiglia di genovesi produce vino da 50 anni: “l’appassionato o il curioso che si avvicinano al mondo dei grandi rossi toscani devono trovare nei nostri vini e nella nostra cantina proprio la passione che guida il nostro lavoro quotidiano”.
Chiediamo a Marta uno spaccato dei vini più rappresentativi dell’azienda e lei ci propone: il Prugnolo Rosso di Montepulciano DOCG, il Vino Nobile di Montepulciano DOCG, il Vino Nobile di Montepulciano Riserva DOCG, e infine, “Il Nocio” Vino Nobile di Montepulciano DOCG.

BARONE PIZZINI
Siamo ora in cerca di bollicine e, quindi, cambiamo universo: approdiamo in Franciacorta, al piano +1 di Palaexpo. Non abbiamo dubbi e ci dirigiamo verso Barone Pizzini. Iniziamo con “Animante”, il Primo Franciacorta con Erbamat. “Rappresenta l’anima di Barone Pizzini perché racchiude in sè la natura viva di tutti i suoi vigneti. Nasce per coronare il lungo e pionieristico percorso di rinnovamento in vigna ed in cantina che ha sancito la primogenitura di Barone Pizzini nell’esperienza biologica in Franciacorta”.
Proseguiamo poi con Naturae, che è parte delle uve proviene dal vigneto più elevato, Pian delle Viti, denominato nel Medioevo la Valle Sospesa. Il terreno calcareo conferisce una piacevole nota speziata: “è il Franciacorta mordace nel midollo”. Concludiamo con Satèn. Proviene da vigne di oltre vent’anni. Le uve Chardonnay sono volte a rendere il Satèn “serico e suadente, lasciando però spazio a note agrumate e ad una mineralità incalzante, inconsueta ed originale per la categoria”.

Stefania Tessari