Il Caldiero è in serie C. La vittoria (4-2) contro il Villa Valle alle pendici della Val Brembana consegna ai termali un traguardo che definire storico è anche riduttivo. Il Caldiero è la quarta compagine scaligera al via nella prossima stagione tra i professionisti, assieme al Verona, al Legnago e alla Virtus Verona.
Un onore che in passato hanno avuto anche Chievo e Audace. Quello che negli anni è stato costruito a Caldiero è l’esempio più palese, più luccicante, di come il lavoro, la programmazione, la misura nello sport, come nella vita, paga sempre. Perchè il Caldiero sale tra i professionisti dopo solo cinque annate di serie D, stagioni in cui la squadra termale non era certo mai data per favorita al salto di categoria. Sono tanti gli artefici di quello che può essere definito, tranquillamente, un autentico miracolo sportivo. Ma su tutti non si può non elogiare chi più di ogni altro ha reso questa favola possibile, il giovane presidente Filippo Berti. A capo di un’azienda che costruisce macchinari agricoli, Berti ha preso in mano il Caldiero esattamente vent’anni fa, una società che navigava nell’anonimato della Prima categoria. Probabilmente l’espressione corretta di un paese di poco più di settemila abitanti e con una tradizione calcistica non particolarmente importante. Berti racchiude in sè i segreti che hanno reso questo territorio negli anni un esempio di successo imprenditoriale. Poche parole, nessun proclama, la voglia indispensabile di migliorarsi giorno dopo giorno, di crescere rispettando tutto e tutti. Anche i limiti imposti dalla propria natura. Un presidente presente, appassionato. Ma mai esaltato, sempre misurato. Berti ha plasmato una società modello che ne rispecchia i valori. Un allenatore veronese di Cadidavid, Cristian Soave, che fa della modestia la sua arma migliore. Mai allontanato dalla panchina per proteste, mai sopra le righe, un unico mantra: lavoro, lavoro e ancora lavoro. Un direttore sportivo, Fabio Brutti da San Martino Buonalbergo, ancora vecchia scuola. Perchè va a vedere i giovani, segue le categorie inferiori, visiona i talenti da portare in dote al Caldiero scegliendo l’atteggiamento, il lato umano.
E difficilmente sbaglia. Il Caldiero è davvero l’espressione migliore del nostro calcio. Degli undici giocatori scesi in campo nell’atto finale del campionato ben nove sono nati o hanno un carriera calcistica tutta veronese. Dal giovane portiere Kuqi, origini albanesi ma di Buttapietra, a Gecchele da Borgo Roma, a Gobetti dalle Golosine, a Baldani da Bussolengo, a Personi da San Vittore, a Furini dallo Stadio, a Hoxha, anche lui ragazzo di origini albanesi ma nato a Bussolengo, a capitan Zerbato da Castelnuovo, a Filiciotto, siciliano di Messina da una quindicina d’anni protagonista del calcio dilettantistico veronese. Senza dimenticare i vari Aldegheri, da Marcellise, Tuzzo, Borgo Milano, Cherubin, San Bonifacio, Rossi, vive a Grezzana ma è di Boscochiesanuova, Orfeini, Grezzana. Un radicamento importane nel territorio, una squadra dall’animo veronese. Il Caldiero ha costruito con raziocinio, ha programmato senza isterismi e, quando ha fallito, ha imparato dai propri errori e li ha corretti. Una favola calcistica che dovrebbe essere presa ad esempio, un modello da seguire e provare ad imitare non solo nel mondo del calcio. Il Caldiero nella prossima stagione potrebbe sfidare il Vicenza, il Padova, la Triestina, squadre che hanno scritto la storia del calcio a livello nazionale. Ma anche il Caldiero ha scritto una pagina di storia calcistica. Lo ha fatto partendo dal gradino più basso e arrivando là in cima, passo dopo passo, non cercando scorciatoie e e rispettando le regole. Tutta Verona sportiva e non solo deve essere orgogliosa di questo Caldiero.
Mauro Baroncini