No all’aumento del biglietto del trasporto pubblico: il coro è unanime da parte di forze politicher e sindacati a fronte di una situazione che vede Atv sempre in difficoltà. L’aumento ei prezzi dei carburanti fa soffrire il bilancio dell’Azienda del presidente Bettarello, a questo si aggiunga la difficoltà nel reperimento degli autisti che sempre più spesso si dimettono tanto che l’azienda ha dovuto tagliare 60 corse. Come se ne esce? Dai consiglieri comunali del pd arriva una presa di posizione chiara: “Prima di domandare un sacrificio all’utenza dei bus cittadini (studenti e pendolari) con l’ipotizzato aumento del prezzo del biglietto, è tempo che la Regione Veneto, che non ha mai partecipato in maniera significativa e con risorse proprie allo sviluppo del trasporto pubblico locale, cominci a farlo, fornendo un chiaro segnale che il futuro del trasporto nelle città venete deve andare in direzione della sostenibilità.
Mentre nel resto del Paese le Regioni integrano il finanziamento statale con un contributo aggiuntivo che è mediamente del 27%, nel Veneto nel 2022 sono stati stanziati soltanto 6.5 milioni contro il caro carburante, pari al 2.5% della quota veneta del fondo trasporto. Il contributo veneto del 2022 era da considerarsi una tantum ed era sostanzialmente inedito, nel senso che prima di allora non c’era nessuna forma di contribuzione” dicono i consiglieri Fabio Segattini, capogruppo; Michele Bresaola, presidente commissione Viabilità; Carlo Beghini e Francesco Casella, componenti commissione Viabilità.
E per la Cgil Silvano Danieli, responsabile Trasporto pubblico locale della Filt Verona, mette l’accento su alcuni aspetti.
“Con i costi dei carburanti fossili raddoppiati; il servizio (e con esso i costi operativi) tornato a regime ma il numero di utenti ancora molto lontano dai livelli precovid, il rischio di tenuta dei conti per le aziende del Tpl è reale e attuale. In gioco c’è il futuro di un settore che conta circa 115 mila addetti su base nazionale, di cui circa 1.000 solo a Verona e provincia. La proposta di aumentare il costo del biglietto è iniqua e insufficiente. Iniqua perché scarica il problema interamente sulle spalle dell’utenza, che sta vivendo un momento già complicato in termini di inflazione e perdita di potere d’acquisto. Insufficiente perché gli introiti da titoli di viaggio coprono appena il 35% dei costi di servizio mentre il restante 65% viene coperto dai fondi pubblici che non sono mai stati adeguati alle esigenze e che sono anch’essi fermi al 2012, esattamente come i titoli di viaggio”. La situazione è paradossale: nel momento in cui ci sarebbe maggior bisogno di trasporto pubblico locale, anche per alleviare le nostre città dalla morsa dell’inquinamento e del traffico, il ricambio del parco mezzi langue, i finanziamenti vengono negati e lo stesso lavoro dell’autista perde di attrattività”.
“La lamentata mancanza di autisti del Sud emerge anche dal fatto che chi aveva vinto il concorso al Nord se n’è tornato nel territorio di origine scoraggiato dai bassi stipendi e dal sempre più alto costo della vita. Attualmente il servizio viene coperto soltanto grazie agli straordinari e al prolungamento degli orari. Non è raro trovare orari di servizio che vanno oltre le 14 ore consecutive. Il numero straordinario di dimissioni volontarie a cui assistiamo in quest’ultimo periodo è figlio di queste criticità. Di fronte a questa profonda criticità è necessario procedere con interventi strutturali”. In questo scenario, come si inserirà il filobus? Mah…
Caos personale: Pensionamenti e decine di dimissioni
Faisa Cisal, la federazione autonoma dei ferrotramvieri ha chiesto un incontro urgente con il sindaco Tommasi per analizzare la situazione del trasporto pubblico locale veronese.
“A Verona il trasporto urbano è stato concepito trent’anni fa: noi crediamo sia giunto il momento che debba essere adeguato alle esigenze di mobilità del terzo millennio”. Invece arranca. “Già dal 2 novembre 2020 i servizi di trasporto offerti alla cittadinanza erano stati rimodulati”, dice la Faisa Cisal “ed in sostanza diminuiti, la motivazione è la carenza di personale! Già dallo scorso 9 gennaio, ma più intensamente a partire dal 16, il servizio offerto dall’azienda di trasporto veronese subirà un altro un calo nell’offerta di corse e zone servite, sia nei percorsi urbani a causa di pensionamenti e di spontanee dimissioni (80 operatori nel 2022) il personale è insufficiente a garantire lo svolgimento dei servizi di TPL così come si sono svolti negli ultimi vent’anni: pertanto, da metà gennaio i fruitori (clienti) del servizio di Trasporto Pubblico Locale, – conclude il segretario Stefano Ferrari – si troveranno a pagare (o ad aver già pagato) un abbonamento annuale e a vedersi diminuire il servizio, nonostante inquinamento e traffico sempre più intensi”.