Burioni rallenta l’apertura: “Non siamo ancora pronti” “Siamo alle prese con un’epidemia non ancora... inquadrata”

“Ci sono 5 regole fondamentali – risponde il virologo Roberto Burioni pensando al futuro –. Misurazione della temperatura all’entrata, mascherine per tutti i lavoratori, gel igienizzanti e disinfettanti per superfici, distanziamento sociale evitando assembramenti in mense e spogliatoi, smart working”.

Quanto è alto il rischio che tra maggio e giugno, con le aziende quasi a pieno regime, l’Italia subisca una nuova ondata di casi di Coronavirus?
“Impossibile fare previsioni. Non conosciamo ancora bene questo virus, è arrivato tra noi tre mesi fa. Non sappiamo neanche se con la bella stagione il Coronavirus si trasmetta meno: tutti i patogeni respiratori fanno così”.

Le fa paura la riapertura completa degli uffici e delle fabbriche?
“Mi fa paura l’ipotesi di dover combattere contro il nemico senza armi. Non sono ottimista. Potrebbero verificarsi nuovi focolai e sarebbe un problema. Ho paura che le aziende non abbiano gli strumenti”.

L’Italia è pronta?
“La decisione di ripartire è politica, non ha niente a che vedere con la scienza: noi possiamo minimizzare il rischio. Io dico: bisogna sapere che dimensione ha l’epidemia. I numeri che ci danno non sono reali. Serve uno studio su un campione indicativo della popolazione per non navigare nel buio. È indispensabile, poi, un tracciamento digitale dei casi di contagio”.

Ci sono casi esteri da prendere come esempi virtuosi?
“Siamo i primi ad aver avuto l’epidemia, a parte la Cina che ha una situazione sociale molto diversa. Per questo dobbiamo porci noi il problema. Il Paese si è impegnato moltissimo, ma in molte aree non stiamo facendo abbastanza: non ci sono mascherine per i sanitari, non c’è l’isolamento”.

Con una seconda ondata di contagi è inevitabile un altro lockdown nazionale o è possibile lasciare le attività aperte?
“Spero che se si riapre, lo si faccia con giudizio e sicurezza. Un altro lockdown vorrebbe dire che sono stati commessi errori, non deve accadere”.

Si sta pensando di imporre alle aziende investimenti sulla sicurezza: dalle porte automatiche a un ampliamento degli spazi per il distanziamento?
“Chiedere di installare tutte queste cose è dura in 15 giorni, ma mettere a disposizione del gel igienizzante è già importante”.

L’ipotesi che il virus stia perdendo la sua carica virale è confermata?
“Il ceppo italiano non ha messo in evidenza mutazioni in grado di cambiare la contagiosità o la gravità della malattia”.

All’estero annunciano di riaprire le scuole. Perché a noi fa tanto paura?
“Noi abbiamo un’epidemia che non è sotto controllo”.