“Compremo el Gringo”. Così Saverio Garonzi a Giancarlo Fiumi. Detto e fatto. Il Gringo è Sergio Clerici, brasiliano, forte, fortissimo. Uno dei grandi colpi di Saverio Garonzi, capace come pochi di anticipare gli avversari e di portare a Verona nomi che hanno fatto storia. Don Saverio chiamò Renatone Lucchi, il mister. “El gà Bui, Clerici e Traspedini” gli disse. “Voi vedar ‘na montagna de gol”.
Lucchi lo ringraziò, ma un minuto dopo cominciò ad avere dei dubbi. “Come faccio a farli giocare assieme?” pensò. “Nessuno dei tre può giocare arretrato e nessuna squadra può far giocare tre attaccanti come loro, tra l’altro tutte punte centrali…”.
Lucchi ci provò. Arretrò Bui, che dei tre era quello più tecnico. Poi provò a spostare Clerici all’esterno, ma capì in fretta che non il massimo della vita. Alla fine chiamò il presidente: “Vede – gli disse – tutti e tre fanno fatica a giocare, l’avrà visto anche lei. Purtroppo, uno deve star fuori…”.
Il Traspe lo capì al volo, che sarebbe toccato a lui. Clerici era appena arrivato, Bui era un’istituzione. E lui, che un anno prima aveva dato spettacolo proprio in coppia con Bui, senza farsene una ragione, capì che avrebbe trovato poco spazio. “Valo al’Atalanta?” gli chiese un giorno Garonzi. Traspedini, grande in campo e fuori, accettò. Un po’ gli dispiaceva, certo. Ma era un giocatore intelligente. Abituato a sacrificarsi. “Vado”, rispose a Garonzi.
L’Hellas, dite? Non fu una grandissima stagione, niente da spartire con la precedente. Il Verona delle “Due Torri” era un’altra cosa. Nel calcio, si sa, 2 più 2 non sempre è uguale a 4…